"Cambiare l'acqua ai fiori"

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Member
    Moderatore

    Group
    Moderator
    Posts
    140

    Status
    Offline
    Nulla sfugge alle nostre Lettrici e ai nostri Lettori!
    Michela, Andrea e Maria si sono soffermati sugli abiti, con i quali – si rileva in questo romanzo – esprimiamo più di quanto immaginiamo, sia quando indossiamo un colore-non colore – il beige – sia quando desideriamo avvolgerci in un abito rosa…
    Anch’io sono rimasto colpito dai vestiti di Violette:

    “Mi ero messa un cappotto blu marine sopra un vestito rosso carminio. Il cappotto era abbottonato fino al collo. Sembravo la notte, ma sotto indossavo il giorno. Sarebbe bastato che mi aprissi un po’ il cappotto per fargli sbattere di nuovo gli occhi” (p. 31)

    (Violette) “Aveva una vestaglia grigia da vecchia, eppure emanava qualcosa che sapeva di giovinezza, non so come dire, una certa energia, qualcosa che il tempo non aveva sciupato. Sembrava che quella vestaglia fosse una maschera, ecco, come una bambina che avesse preso in prestito il vestito di una vecchia” (dalla lettera di Julien Seul a Violette) (p. 114)

    Come interpretereste questa strana abitudine di Violette di vestirsi “a due strati”?
     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Member
    Posts
    2

    Status
    Offline
    Il cimitero: il luogo dove morte e vita si incontrano, la prima certa e definitiva “la morte non fa distinzione tra buoni e cattivi” la cui presenza nella vita della protagonista sembra quasi essere voluta dal destino, insita nel suo stesso nome Violette Toussaint (il viola, colore in genere legato al lutto, e Toussaint che indica il giorno dei morti).
    La seconda invece, il cui filo è più fragile e sottile, appare intrecciata alla prima in maniera indissolubile, ma il messaggio che ho colto io di questo libro è quello che per quante sfide e disgrazie ci riservi vale la pena di viverla, rendendo questo doloroso passaggio il più possibile luminoso e felice per noi e per gli altri, così come lo è stata la vita di Leònine che ha colto a pieno il messaggio della sua favola preferita (p.110) o come suggeriva papà Lucchini “figli miei, noi siamo gli ostetrici della morte, la facciamo partorire. Quindi godetevi la vita e guadagnatevela”.
    Quando mi immagino il colore del filo della vita di Violette penso sia di un rosa accecante, il colore della maternità, come gli abiti colorati che si metteva sotto i vestiti scuri per fare uno sberleffo alla morte “Mi piace ridere della morte, prenderla in giro. E' il mio modo di esorcizzarla, così si da meno arie. Burlandomi di lei permetto alla vita di prendere il sopravvento, di avere il potere.”, come il colore che voleva indossare alla morte di Philippe, come il fiocco che si appende per la nascita di una figlia. Ammiro la forza di questa donna che all'inizio ho reputato incapace di ribellarsi, sottomessa per anni a una vita troppo stretta, ma che in realtà amava la vita per quello che era nonostante il dolore “sono guardiana di un cimitero bevo solo lacrime...” (pag.49), “mi tengo dritta, è una mia peculiarità. Non mi sono mai piegata, neanche nei periodi di maggior dolore” (p.12), “Ho pensato che eravamo due sopravvissuti ancora in piedi, due naufraghi in un oceano di disgrazie che non era riuscito ad affogare totalmente” (p. 309) , insomma che ha sempre trovato la forza di alzarsi e cambiare l'acqua ai fiori.
    Angelica Gattino 3bSU
     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Member
    Posts
    2

    Status
    Offline
    Cambiare l'acqua ai fiori è stata un'esperienza di lettura particolare per me. E' un libro che mi ha veramente coinvolto psicologicamente, soprattutto grazie all'utilizzo della narrazione in prima persona, che ha lasciato molto spazio all'introspezione nel personaggio della protagonista. Un aspetto che mi ha colpito molto è l'andamento quasi altalenante della storia, che oscilla tra presente e passato ma che raramente lascia spazio al futuro, come un continuo rimuginare della protagonista sulla propria vita. Nel complesso un bel libro, forse un poco lento nella storia, ma con tutte le buone ragioni per esserlo. Vi lascio con questa citazione che mi ha colpito: “Se dovessimo fare solo quello che ci compete, la vita sarebbe triste.”

    Paschetta Francesco, 4B Scientifico

    Edited by Francesco Paschetta - 17/2/2022, 19:03
     
    Top
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Member
    Moderatore

    Group
    Moderator
    Posts
    140

    Status
    Offline
    Che piacere sentir dire da Alice Valentino e da Vittoria che non riuscivano più a staccarsi dal libro, una volta iniziata la lettura! E’ il miracolo della lettura “creativa”, che si verifica quando il Lettore / la Lettrice si sente in tale perfetta sintonia col personaggio, che “deve” viverne l’avventura: Matilde e Francesco descrivono questa sensazione come un’esperienza di totale coinvolgimento / rispecchiamento nel personaggio di Violette.
    In merito alla riflessione di Vittoria sulla casualità (o non casualità?) degli incontri tra i personaggi del libro, soprattutto Violette / Célia e Violette/Julien: mi sembra che queste situazioni siano ben descritte da un termine molto particolare: “serendipità”, che deriva da “serendipity” (inglese). La storia della parola è molto curiosa, come potrete verificare con una piccola ricerca. Essa indica una felice scoperta fatta in modo imprevedibile, che però richiede, da parte dello scopritore, la sagacia di riconoscere e cogliere l’opportunità che “il caso” ha messo sulla sua strada. L’incontro con Célia e Julien è stato quanto mai casuale, ma Violette ha istintivamente riconosciuto in quei personaggi la potenzialità di una relazione fondamentale per la propria vita (e per la loro).
     
    Top
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Member
    Posts
    2

    Status
    Offline
    L'aspetto del libro "Cambiare l'acqua ai fiori" che mi è piaciuto di più è il fatto che Violette possiede un armadio in cui ha vestiti per l'estate e vestiti per l'inverno. Trovo che sia una cosa stupenda perchè lei ha scelto di rimanere se stessa, una persona vivace (per quanto sia possibile, dopo la morte della figlia). Non deve essere facile considerando che vive in un cimitero, un luogo nostalgico in cui bisogna mantenere un aspetto formale. Infatti sotto i cappotti scuri indossa sempre qualcosa di colorato.
     
    Top
    .
  6.  
    .
    Avatar

    Member
    Moderatore

    Group
    Moderator
    Posts
    140

    Status
    Offline
    Violette è davvero un personaggio chiaroscurale, come ha scritto Matilde:

    “A Brancion-en-Chalon c’è gente a cui non sono simpatica, gente che diffida o ha paura di me . Forse perché sembro perennemente in lutto. Se sapessero che sotto ho l’estate mi brucerebbero sul rogo. Tutti i mestieri che hanno a che fare con la morte appaiono sospetti (…) Ma ci sono anche gli altri: “Una brava donna dal cuore d’oro. Devota, sorridente, discreta. Fa un mestiere difficile, un mestiere che nessuno vuole più fare. Per giunta da sola. Il marito l’ha abbandonata.” (p. 74).

    Quindi, non ci stupiamo se Angelica e Iris (che ringrazio per aver risposto al mio quesito) interpretano in modo opposto l’abbigliamento “a doppio strato” di Violette: uno “sberleffo alla morte” o il rispetto formale per la sacralità del luogo? Tutti e due, credo, a conferma dell’imprevedibile complessità del personaggio, che per tutta la storia sembra conservare qualcosa di infantile nel suo modo di guardare alla vita.
    Da parte mia aggiungerei ancora questo: quegli abiti scuri sono anche segno dell’attenzione di Violette verso il dolore altrui, verso coloro che soffrono per una perdita che li ha profondamente segnati, e che in quel momento hanno bisogno di comprensione. Violette la offre loro con delicatezza, a partire dall’abito, ma poi spingendosi ben oltre: tenendo il diario del rito funebre, da leggere ai parenti che non hanno potuto presenziare; accogliendoli nella sua casa, offrendo loro qualcosa da bere o da mangiare, e soprattutto ascoltando le loro confidenze; e poi, naturalmente, cambiando l’acqua ai fiori, che da tempi immemorabili rappresentano la vitalità del ricordo che ci unisce ai defunti (Foscolo la chiamerebbe “corrispondenza di amorosi sensi”…)
     
    Top
    .
  7.  
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Member
    Posts
    2

    Status
    Offline
    Il libro Cambiare l’acqua ai fiori mi è piaciuto molto, perché nonostante sia un racconto su di un tema tutt’altro che allegro, Valerie Perrin è riuscita a narrare dei dolori che la vita infligge, di solitudini, tradimenti e abbandoni, ma allo stesso tempo di come si possa andare oltre, ritrovando la voglia di vivere nelle piccole cose: «Come ogni sera ho voglia di stare sola, non parlare con nessuno, leggere, ascoltare la radio, fare un bagno, chiudere le finestre, avvolgermi in un kimono di seta rosa. Stare bene e basta.» La vita di Violette di sicuro non è stata una passeggiata, è stata anzi un percorso pieno di difficoltà e tragedie, eppure nel suo modo di approcciare le cose, quel che prevale sempre è l’ottimismo e la meraviglia.

    Francesca Lasagna, 4B scientifico
     
    Top
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Member
    Posts
    4

    Status
    Offline
    Di questo libro di Valérie Perrin mi hanno colpito maggiormente alcuni piccoli particolari, che potrebbero sembrare insignificanti, ma che donano al romanzo una veste più raffinata.
    Il primo particolare riguarda il marito di Violette, Philippe Touissant: ed è così che viene chiamato l'uomo dal carattere enigmatico per tutto il libro. La protagonista riporta sempre il nome del marito con il suo nome e il cognome, e non lo chiama mai solo per nome.
    Anche i genitori di Philippe sono sempre riportati come papà e mamma Touissant: mai diversamente.

    Un altra curiosità compare nel rapporto tra il sicuro e coraggioso (come recita un epitaffio sulla sua tomba: In memoria di Gabriel Prudent, avvocato coraggioso p.451) Gabriel Prudent e la timida Irène Fayolle: i due continuano a usare la forma di cortesia del "lei" anche dopo essersi conosciuti profondamente. Gabriel, successivamente nel romanzo, inizia ad utilizzare la forma del "tu"; ma Irène non smette mai, tranne per un eccezione:
    I: Stai per morire, Gabriel? Sei malato?
    G: È la prima volta che mi dai del tu. [...] Irène, ti amo
    I: Anch'io la amo, Gabriel
    (p. 389)


    Jacopo Toselli, 3 ^ A L.S.
     
    Top
    .
  9. Elisa Gallo
     
    .

    User deleted


    La morte rimane un concetto latente, che fa da sfondo all'intera storia. C'è anche quando non se ne parla esplicitamente.
    Ho apprezzato quanto si desse importanza a tutto ciò che la morte implica, un discorso ancora considerato troppo delicato per parlarne spudoratamente.
    Ho trovato alcune citazioni puntuali che a volte riportano una visione nuda e cruda della realtà...
    Mi hanno colpito in particolare queste tre citazioni:
    CITAZIONE
    La morte dell’altro rallenta i gesti di chi rimane.

    CITAZIONE
    Ogni tomba è una pattumiera. Si sotterrano i resti, le anime sono altrove.

    CITAZIONE
    Solo gli egoisti tremano per la propria morte, gli altri tremano per quelli che lasciano.
     
    Top
    .
  10.  
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Member
    Posts
    6

    Status
    Offline
    " Mi ha spiegato che la natura aveva i suoi tempi", tempo, caratteristica essenziale in questo romanzo, infatti é il tempo che ha fatto capire a Philippe gli errori compiuti, é il tempo che ha dato non una, ma due famiglie a Violette. Una composta dai funzionari delle pompe funebri, il parroco e gli animali del cimitero, l'altra formata da Julien e Nathan.

    Il tempo insieme alla particolare vita di Violette, le hanno permesso di diventare una persona empatica, consapevole ma soprattutto viva.

    Elisa Abalintoaie 4AL
     
    Top
    .
  11.  
    .
    Avatar

    Member
    Moderatore

    Group
    Moderator
    Posts
    140

    Status
    Offline
    Jacopo ha individuato nel nostro romanzo due “curiosità” che cercano una motivazione. Credo che il “lei” di Irène Fayolle rappresenti il tentativo di tenere una certa distanza da Gabriel, non perché non lo amasse, ma proprio perché quell’uomo (che ha il dono di “riportarla sempre all’adolescenza”, p. 388) ha su di lei un tale potere, che potrebbe sconvolgerle la vita, impedendole di essere quello che sente il dovere di essere, e cioè moglie di Paul e madre di Julien, ai quali ancora vuole bene. Ma del resto ama anche Gabriel, e lo dimostra proprio in quella battuta individuata da Jacopo, in cui, preoccupata per lui, si lascia sfuggire il “tu”.
    Al contrario, come rileva ancora Jacopo, Violette chiamerà sempre il marito col nome e cognome: credo che anche qui si possa parlare di una “distanza”, ma di carattere ben diverso: è la distanza di una donna che, dopo l’infatuazione giovanile, si accorge a poco a poco che il marito è un perfetto estraneo per lei e per la figlia, incapace di provare sentimenti per loro, se non una infastidita indifferenza; il modo in cui tradisce la fedeltà e sfrutta la dedizione della moglie per me non ha attenuanti, e il fatto che il tempo (e soprattutto la morte di Léonine) gli faccia comprendere gli errori commessi (come giustamente rileva Elisa Abalintoaie), non mi basta per riabilitarlo. Condivido il giudizio (senza appello!) che Violette dà di suo marito, paragonandolo a Sasha, colui che invece l’ha aiutata a guarire dal dolore:
    “Philippe Toussaint aveva seminato il male, Sasha non ha fatto che seminare il bene” (p. 426)
     
    Top
    .
  12.  
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Member
    Posts
    2

    Status
    Offline
    "Spero che tu fossi su un pony, piccola mia, o in mare a fare la sirenetta." (p.187)

    Violette nella sua gioventù è stata un'adolescente priva di adolescenza: non ha avuto il diritto di studiare e ha abbandonato la famiglia per Philippe Toussaint a soli 17 anni. Un'ingenua ragazza che si è fatta trasportare da una persona che credeva essere la sua salvezza, ma che presto si rivelò la sua rovina.
    Mi è piaciuto come mamma Violette, così giovane e disorientata, abbia cercato di essere la versione migliore di se stessa per crescere la sua Léonine.
    La realtà però, per quanto si cerchi di cambiarla agli occhi altrui, rimane comunque uno scenario pieno di rimorsi, solitudine e tristezza, e Violette lo sapeva bene.
    Léonine ha vissuto in un mondo felice che la mamma le ha creato, ma che non è mai esistito e, una volta stroncata prematuramente la sua vita, Violette non poté fare altro che sperare che avesse finalmente raggiunto la vera felicità, difficile da trovare in un mondo così crudele.
    Francesca Sardo, classe 3AL
     
    Top
    .
  13.  
    .
    Avatar

    Member
    Moderatore

    Group
    Moderator
    Posts
    140

    Status
    Offline
    Stamattina mi sono imbattuto in una frase appropriata al mio commento di ieri sera, che si concludeva sulla figura, secondo me irrimediabilmente negativa, del marito di Violette:

    “Philippe Toussaint mi ha sempre voluto, mai desiderato” (p. 77)

    La chiave interpretativa dell’affermazione risiede chiaramente nei due verbi, il secondo dei quali è profondo nel significato e suggestivo per la sua etimologia. Deriva da de, preposizione latina che indica allontanamento dall’alto in basso, e da sidus, sideris, la stella, la costellazione. Desiderare, quindi, fa riferimento all’abitudine degli antichi di cercare nelle stelle un orientamento o un buon auspicio; l’assenza di stelle, dunque, faceva abbassare lo sguardo deluso, generava un senso di mancanza, rimpianto, e, di conseguenza, un sentimento di ricerca appassionata, di desiderio, appunto.
    Nel suo percorso di maturazione, anche se ancora giovanissima, Violette si rende conto che suo marito non ha mai sentito veramente la sua mancanza, non l’ha mai considerata (da cum siderare…) davvero come una presenza insostituibile nella propria vita, ma, semmai, come un comodo e piacevole oggetto.
     
    Top
    .
  14.  
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Member
    Posts
    2

    Status
    Offline
    "Mi piace la vita, seminare, innaffiare, raccogliere e farlo di nuovo ogni anno. Mi piace la vita com'è oggi, soleggiata. Mi piace essere all'essenziale."
    "Cambiare l'acqua ai fiori" è un libro che parla di morte, ma penso soprattutto di come sopravvivere alla morte. Per questo mi ha colpito questa frase, che si concentra sulla "rinascita" di Violette. Mi è piaciuta molto infatti l'immagine dell'orto e del giardinaggio per indicare il suo ritorno ad apprezzare la vita e a considerarla come un regalo.

    Benedetta Racca 3AL
     
    Top
    .
  15.  
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Member
    Posts
    2

    Status
    Offline
    "Leonine è già qui, è sempre qui, non si è mai mossa da qui perché la sua presenza eterea è in me"
    L'acqua è un elemento che lega, che dona spensieratezza e tranquillità. Violette percepisce la presenza di sua figlia proprio lì, dove si erano così divertite, dove non avevano pensato a nulla. Credo che sia un messaggio bellissimo: ci sono ricordi talmente forti che possiamo quasi visualizzare davanti ai nostri occhi ed evocandoli,di tanto in tanto, ci manterremo in contatto con le persone che non ci sono più, sentendole dentro di noi.
     
    Top
    .
90 replies since 8/2/2022, 18:37   2270 views
  Share  
.