"Cambiare l'acqua ai fiori"

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    Cambiare l’acqua ai fiori

    Cambiare l’acqua ai fiori di Valèrie Perrin




    Care Lettrici, cari Lettori,
    è tempo di Cambiare l’acqua ai fiori!

    Scherziamo con una rima baciata per introdurre il dialogo su questo libro, che tenta la difficile impresa di fondere nello stesso testo l’ampiezza del romanzo e la sintesi intensa della parola poetica, con le citazioni di canzoni e con gli aforismi che aprono i novantaquattro brevi capitoli in cui Violette si racconta, intrecciando i mille fili - grigi, neri e colorati - della propria vita.
    Uno di questi fili, entrato per caso nella trama a p. 77, riemergerà costantemente nella storia di Violette, accompagnando il lettore fin verso la fine, a p. 427: è costituito da Le regole della casa del sidro, il libro comprato per caso dalla protagonista, giovanissima e semianalfabeta, e che diventerà il “suo” libro, in cui troverà non solo i genitori che non ha mai avuto, ma addirittura se stessa:

    “Ho aspettato che Philippe Toussaint andasse a fare un giro in moto per leggere la quarta di copertina del libro Le regole della casa del sidro. Ero costretta a leggere ad alta voce: per capire il senso delle parole dovevo sentirle come se mi raccontassi una storia. Ero il mio doppio: quella che voleva imparare e quella che avrebbe imparato, il mio presente e il mio futuro chini sullo stesso libro.
    Perché si va verso certi libri come si va verso certe persone? Perché siamo attratti da determinate copertine come lo siamo da uno sguardo, da una voce che ci sembra conosciuta, già sentita, una voce che ci distoglie da un certo percorso, ci fa alzare gli occhi, attira la nostra attenzione e cambierà forse il corso della nostra esistenza?” (p.78)

    L’ultima parte della citazione non lascia dubbi: Violette è una di noi, una Lettrice creativa…

    Edited by Claudio D - 1/3/2022, 09:28
     
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    Di questo romanzo ho apprezzato molto la struttura con cui è stato scritto intrecciando la storia della protagonista con quelle degli altri personaggi nei vari periodi della sua vita, la trama avvincente e molto spesso inaspettata e il messaggio dell'autrice.
    Credo che il significato più profondo del libro, sia la riflessione per quanto riguarda la vita e la morte, due concetti che ancora oggi sono dei tabù della nostra società.
    Il tempo modifica tutto e tutti e come afferma Violette "il tempo distrugge la vita e il tempo distrugge la morte." (pagina 19).
    La vita può essere distrutta, in modo visibile e alla luce del sole, mentre la morte viene distrutta solo, in maniera silenziosa semplicemente dimenticando.
    Il libro ci porta a riflettere sullo scorrere del tempo che possiamo "fermare" solo soffermandoci a pensare alle piccole cose e ai piccoli gesti.
    La nostra vita è formata di abitudini che molto spesso non siamo in grado di modificare, nonostante non ci rendano felici e che ci fanno vivere in un loop infinito dal quale non riusciamo ad uscire, proprio come nel caso di Violette e Philippe.
    Solo modificando queste abitudini potremo iniziare a vivere senza limitarci ad esistere.
    Il cimitero viene visto da tutti come un luogo triste e silenzioso, ma non per Violette che in questo luogo trova la motivazione per cambiare le sue abitudini nonostante la sua stessa figlia sia seppellita in quel posto: è il suo punto di svolta, che le cambierà per sempre la vita, facendole capire che quella che credeva essere la felicità era in realtà un puro piacere temporaneo e che meritava anche lei un cambiamento radicale che l'avrebbe potuta rendere spensierata e le avrebbe permesso di vivere la vita che le spettava.
    Irene Filippa 3^AU
     
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    “Cambiare l’acqua ai fiori” è un romanzo che sconvolge il lettore poichè la sua apparente semplicità nasconde una storia di dolore e rinascita.

    La protagonista, Violette, racconta la sua vita intrecciando presente e passato, molti punti di vista ed un’unica tragedia. Ritengo che la sottotrama principale del romanzo inizi a pagina 186; non mi aspettavo minimamente che la “piccola” storia di una guardiana di cimiteri che insegna ad amici e parenti dei defunti a rinascere dal lutto, nascondesse così tanto di più. Violette è un personaggio dinamico e carismatico che ha imparato a salvare gli altri perchè, a sua volta, è stata (e si è) salvata. Le pagine che narravano del suo dolore mi hanno portato a chiedermi se io saprei reagire come lei a un lutto così grande, e spero di non dover mai rispondere. E la storia dell’incendio, l’insieme dei punti di vista ache modellano non solo i fatti, ma anche gli altri personaggi, mi ha coinvolto al punto da non riuscire a smettere di leggere.

    “Cambiare l’acqua ai fiori” obbliga a riflettere ed ispira alla speranza, che si nasconde anche nei momenti più bui.
     
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    Grazie Irene, grazie Beatrice,
    per aver rotto il ghiaccio! Sono d’accordo con voi sul fatto che questo libro – malgrado i riferimenti sempre più frequenti alla morte e soprattutto ai suoi riti (sepolture, necrofori, lapidi, epitaffi, esumazioni…) che si susseguono via via nel racconto – sia un inno alla vita e alla possibilità di rinascita.
    E’ vero, come fa notare Beatrice, che a p. 186 il lettore riceve un pugno nello stomaco, ma poi assiste ad una impercettibile, lenta ma costante “risalita” di Violette: il tempo (come dice Irene) a poco a poco “distrugge” la tragedia di quella morte, e consente a Violette di ritornare alla vita, recuperando miracolosamente il legame con Léonine. Tutto questo, grazie all’intervento delicato e saggio di Sasha, che la accoglie nel suo cimitero-giardino-orto:

    “Eppure la terra desertica di cui ero fatta era molto più povera di quella dell’orto del cimitero, era una pietraia. Ma un filo d’erba può crescere ovunque, e io ero fatta di quell’ovunque. Sì, una radice può attecchire anche nel catrame, basta una microfessura per far penetrare la vita all’interno dell’impossibile. Un po’ di pioggia, un po’ di sole, e spuntano germogli venuti da chissà dove, forse portati dal vento. Il giorno in cui mi sono chinata a raccogliere i pomodori che avevo piantato sei mesi prima Léonine ricopriva da un pezzo l’orto con la sua presenza, come se avesse portato il Mediterraneo fino al giardino del cimitero in cui era sepolta. Quel giorno ho capito che era all’interno di ogni miracolo che la terra produceva.” (p. 246)
     
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    “Ci sono varie vite in una vita.”
    Ho scelto questa frase tratta dal romanzo " Cambiare l'acqua ai fiori", perché credo sia molto rappresentativa del personaggio principale. Violette, la protagonista, incarna in sé una serie di vite, in parte altrui in parte la sua. Difatti, è una madre, una moglie ed anche la custode di un cimitero, di cui si occupa come fosse un prezioso giardino, "prendendosi cura" delle vite altrui come guardiana, ma, nello stesso tempo, agendo un po' meno in tal senso con la sua.
    E' un personaggio dalle mille sfaccettature che incarna e alterna momenti solari a momenti più bui, che in questo romanzo possono essere interpretati come un percorso emotivo, da cui si riescono a riscontrare le profondità dell'animo umano.
     
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    “Cambiare l’acqua ai fiori” è un libro triste ma allo stesso tempo un insegnamento di vita. É scorrevole da leggere, ogni pagina regala un mare du emozioni. Si affrontano i tempi più svariati come la morte, l’odio, l’amore, il dolore, il senso della vita, la felicità, ma i personaggi e le loro vite intrecciate sono profonde. “Cambiare l’acqua ai fiori” significa raccontarsi, cambiare la nostra linfa vitale, in cui vi sono i nostri ricordi e i nostri pensieri in modo da trarne il meglio. Ho trovato particolarmente intrigante la struttura del racconto: infatti è grazie ai diversi filoni narrativi che si sovrappongono che si scoprono i misteri legati al passato di Violette.
     
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    “La mia vita attuale è un regalo dal cielo... Come dico a me stessa ogni mattina... sono stata molto infelice... Ma dal momento che non ho mai avuto un gusto per l'infelicità, ho deciso che non sarebbe durata. Un giorno l'infelicità si è dovuta fermare”.

    Violette mi ha rubato completamente il cuore. Ciò che ha passato nel corso della sua vita non può lasciare indifferenti.
    Spesso mi sedevo e ascoltavo la sua storia e mi sentivo privilegiata per essere la persona con cui lei stava parlando.
     
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    Nei post di Maria Paola e Alice si susseguono le parole “vita”, “vite”, “vitale”, a conferma del fatto che questo “romanzo cimiteriale” in realtà celebri la vitalità. Sono d’accordo con Maria Paola , quando dice che Violette, nel vivere le sue molte vite, in realtà si prende cura più di quelle altrui che della propria: è tipico delle persone che hanno avuto poco dalla vita, e Violette, come sappiamo, ha avuto pochissimo, e ciò che di più prezioso ha avuto, ad un certo punto le verrà tolto. Proprio per questo il suo percorso di formazione colpisce ancora di più: le privazioni e le sofferenze, invece di renderla chiusa ed egoista, l’hanno resa umile, ospitale, empatica e sempre attenta ai bisogni altrui. Esattamente il contrario del marito Philippe, rimasto inchiodato alla propria pigrizia egocentrica ed arida, che diventerà la sua condanna quando (troppo tardi) ne diventerà consapevole:

    “Quando era morta Léonine aveva provato un dolore immenso per Violette. Aveva sofferto più per il dolore della moglie che per la perdita della figlia. Aveva sofferto di non aver potuto fare niente per lei, di non doversene occupare, del suo silenzio, di non riuscire mai a parlarle d’altro che di una marca di shampoo o di un programma alla televisione, di non aver saputo dire a sua moglie: “Come ti senti?”. Anche per questo si sentiva in colpa. Non aveva neanche imparato a soffrire. In fondo non aveva imparato niente, né ad amare né a lavorare né a dare. Un buono a nulla” (p. 294)
     
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    Grazie, Beatrice, per aver aggiunto al profilo di Violette un’altra bella qualità che mi era sfuggita: la gratitudine…
    Gratitudine verso tutti, anche verso chi non se la merita:
    “Philippe Toussaint mi aveva fatto il regalo più bello del mondo. E, ciliegina sulla torta, le aveva trasmesso la sua bellezza. Léo era pura bellezza, come suo padre, ma con in più la grazia e la gioia. Che fosse in piedi o dormisse, me la mangiavo con gli occhi” (p. 164)
     
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  10. Michela Arbagi
     
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    "Per tutta la vita ci imbattiamo in gente più grande che ci dice che Babbo Natale non esiste. Delusioni che fanno vacillare."

    Ho scelto questa frase perché è sia un'allegoria della vita reale, sia della vita di Violette, che nonostante le disgrazie e le sventure decide di indossare i vestiti colorati sotto i vestiti scuri.

    Penso che tutti dovremmo imparare da Violette: la determinazione di cercare la serenità e l'equilibrio interiore,non dedicandosi troppo alle cose negative.

    Michela Arbagi, 3A scienze umane
     
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    "Lui le aveva spiegato che in tribunale è scritto tutto nei vestiti, l'innocenza il rimorso, la colpevolezza, l'odio o il perdono"

    Ho scelto questa frase perché credo che sia estremamente vera. Spesso nelle parole celiamo le nostre emozioni, ma non possiamo mai nascondere ciò che siamo davvero e lo esprimiamo con altri mezzi, nascosti, come la signora Seul, Irene Fayolle, che attraverso il suo cappotto beige mostra il suo sconforto verso la vita e il suo malessere.

    Andrea Mascarello 4B scientifico

    Edited by Andrea Mascarello - 10/2/2022, 17:58
     
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    Il romanzo è stato un'altalena di emozioni: tristezza, serenità, rabbia, calma...
    Era molto difficile, a mio parere, potersi stacare dalle pagine proprio perchè vi erano un intersecarsi di storie, dentro quella principale di Violette, tutte molto profonde. "Cambiare l'acqua ai fiori", scritto da Valerie Perrin vincitrice nel 2018 del Prix maison de la Presse, è uno di quei libri che potrebbe, per tante persone, rimanere in testa diventando poi un metro di paragone con altri libri che trattano dello stesso tema.
    La cosa che sicuramente mi ha colpito di più è il comportamento di Violette durante il percorso della storia, perchè nonostante la sua vita fosse difficile e piena di tragedie, lei continua ad avere un approccio di ottimismo e meraviglia.

    Alice Valentino 4B scientifico.
     
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    questo libro mi è particolarmente piaciuto per un motivo molto personale: mi rispecchio totalmente nella protagonista Violette, a quanto sia forte ma fragile allo stesso tempo, alla sua determinazione che sembra inattaccabile, ma come poi ,invece, in certe circostanze crolli totalmente. E' sicuramente un personaggio chiaroscurale, come alla fine lo siamo tutti noi: non ci mostriamo mai agli altri nella nostra completezza, forse per proteggerci, forse per insicurezza, ma di sicuro ne consegue che, molto spesso, le persone hanno un'idea totalmente opposta a quella reale. A tal proposito volevo citare questa frase molto significativa per me e collegata al mio discorso: “A ben vedere le coppie che non urlano, non si arrabbiano mai e si trattano con indifferenza spesso vivono nella più grande violenza che ci sia.”
    Matilde Bove 4BL
     
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    Un racconto delicato e triste che narra dei dolori che la vita infligge, di solitudini, tradimenti e abbandoni, ma anche di come si possa andare oltre, ritrovando la voglia di vivere nelle piccole cose: «Come ogni sera ho voglia di stare sola, non parlare con nessuno, leggere, ascoltare la radio, fare un bagno, chiudere le finestre, avvolgermi in un kimono di seta rosa. Stare bene e basta.»
    Non avrei mai creduto che un romanzo, la cui protagonista è la custode di un cimitero che sembra il più bello del mondo, dove si parla delle storie degli inquilini di quel posto, possa farti capire il senso della vita e della morte, dell’amore e dell’odio, del dolore e della gioia ritrovata.
    Maria Gastaldi 3 A scienze umane
     
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    Il libro Cambiare l’acqua ai fiori, scritto da Valerie Perrin nel 2018, mi è piaciuto veramente molto, tant’è che una volta iniziato a leggerlo non riuscivo più a smettere, sentendomi pienamente coinvolta dalle esperienze dei personaggi, quasi le stessi vivendo veramente.
    «Nel romanzo della sera prima aveva letto che un filo invisibile collega gli esseri destinati a incontrarsi, e che tale filo può aggrovigliarsi ma mai spezzarsi». Questa frase, secondo me, si addice bene al libro perché molti degli incontri sembrano avvenire per caso, quasi fossero voluti dal destino. Ne è un esempio quello di Violette e Célia, che si verifica per uno sciopero, ma che creerà un’amicizia vera, indissolubile, nonostante le tragedie della vita di Violette e la distanza tra le due amiche. Altri incontri casuali sono quello di Irène e Gabriel e quello tra Violette e Julien, anche se quest’ultimo è proprio dovuto al primo perché, se non fosse stato per Irène, Julien non si sarebbe mai recato a Brancion e non avrebbe incontrato Violette.

    Un romanzo dall’intreccio notevole, «che fa passare dalle lacrime alle risate», che passa dalla biografia al giallo.
    Vittoria Maria Ornato, 4B Scientifico
     
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