"Balena"

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    I commenti di Carlotta e di Chiara (la mia collega, docente di Lettere) evidenziano il tema del potere che la parola e lo sguardo degli altri possono avere su ciascuno di noi: possono spingerci a migliorare, dandoci fiducia e sicurezza, ma anche precipitarci in basso, soprattutto se siamo in un momento di difficoltà o abbiamo un carattere ancora fragile. Qualche pagina prima della frase citata “Più loro mi chiamano Balena, più io lo divento”, Giulia mette in luce il proprio punto debole, a causa del quale diventerà facile preda di Anna:

    “Io sono bravissima ad obbedire. Desidero ricevere degli ordini, una strada da seguire. Anna si sbaglia: non sono una balena, ma sono un cane […] Comunque ha fiutato giusto: ha sentito la mia inclinazione all’obbedienza […] e così un pomeriggio mi chiede di rubare un braccialetto per dimostrarle che le voglio bene. Io non le voglio bene, ma credo di volergliene. La amo, ma solo perché mi fa paura, proprio come i cani legati alla catena e picchiati, che rimangono sempre fedeli nel cortile del padrone, fino a quando un giorno, quell’unica volta in cui vengono lasciati liberi, scappano senza tornare mai più” (p. 71)
     
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    “Abbiamo mani identiche, io e mio padre – tanto che a volte ho il dubbio che non siano mie, ma sue, queste mani, rimaste attaccate a me come segno del suo passaggio sulla Terra; anche se le mie sono molto più piccole ancora oggi e le unghie sono sempre colorate e il dorso tatuato. Andavamo spesso in giro per mano. Ci tenevamo stretti anche l’ultima mattina passata insieme”. Pag. 32

    “Qualche giorno dopo, quando si incontrarono per una cena, le raccontò di aver pianto, più che per i goal, per come Maradona aveva giustificato in seguito quello segnato con la mano. È stata la mano di Dio, aveva detto ai giornalisti. E mio padre ci voleva credere davvero, voleva mantenere quella speranza innata che sentiva verso i fatti del mondo – la sua caratteristica migliore. Negli anni dopo la sua morte, quando il mio corpo è diventato così enorme da farmi pensare che potesse creare dei solchi nel divano, toccare il pavimento e poi scavare giù fino alla terra sotto la quale sarei stata finalmente libera di perdermi, ho cominciato a credere che qualcosa di più forte mi trattenesse. Non il desiderio di vivere, non l’amore per la mia famiglia, ma la mano enorme di mio padre. È stata la tua mano. Solo quella mi ha salvato dallo sprofondare, raggiungerti, e insieme non tornare mai più”. Pag. 44 e pag. 45

    Di questo libro ho apprezzato tanto la cura, la delicatezza e l‘immediatezza con cui vengono descritti i legami affettivi. Sono legami indissolubili che si riflettono sul corpo e passano attraverso il corpo o parti di esso; in particolare mi ha colpito l’accento che l’autrice pone sulle mani.
    Le mani, di Giulia e di suo padre, così identiche da confondersi, sono il simbolo di un legame tra padre e figlia che il tempo dell’assenza non può cancellare. Sono mani che si tengono ancora per mano a dispetto della morte; sono mani testimoni di un’unione che sopravvive al tempo della perdita.
    Ma soprattutto, come racconta l’autrice, sono grandi mani tese che riportano in vita, capaci di salvare dalla morte, di risollevare dall’abisso in cui si può sprofondare, che testimoniano quanto sia possibile sentire con forza la presenza di qualcuno anche attraverso la sua assenza.
     
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    Ho trovato molto commovente il rapporto particolare tra la protagonista e suo padre, che non era perfetto. Infatti, anche se l'amava incondizionatamente, spesso aveva dei momenti cupi e si comportava in modo strano. "Qualcuno occupava lo spazio del suo corpo, di tanto in tanto qualcosa gli entrava dentro e lo abitava, costringendolo a gesti assurdi e parole urlate" (pagina 37-38). Nonostante ciò, Giulia gli voleva bene e dopo la sua morte cercò di colmare il vuoto e il dolore che le aveva lasciato con il cibo.

    "Pensiamo di cambiare, noi stessi e gli altri, con un post e ci appendiamo la coccarda dei like che per un secondo ci fa dimenticare quanto siamo infelici. Non prestiamo attenzione alla singolarità di ciascuna storia ma corriamo, accaniti, alla ricerca del messaggio" (pagina 60-61). Queste due frasi mi hanno colpito molto e mi hanno fatto riflettere sul ruolo che hanno i social per me e su quanto spesso noi, esseri umani, siamo superficiali ed egocentrici.

    Infine, ho apprezzato molto il fatto che l'autrice fosse così diretta, senza giri di parole, e che non seguisse nessun ordine logico o temporale nella narrazione dei fatti. Proprio grazie a ciò, mentre leggevo, mi sembrava di entrare nella sua mente e non stavo leggendo un suo libro, ma stavo ascoltando il fluire dei suoi pensieri.

    Giulia Lasagna 3^A scienze umane
     
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    Libro coinvolgente, che fa riflettere sul tema principale del libro, la storia di una bambina che, per cercare di colmare il vuoto della prematura scomparsa del padre, diventa "Balena" con tutte le conseguenze, dolorose sia a livello fisico che psicologico.
    Interessanti anche le figure degli altri personaggi:
    - il padre, amato e temuto, che lascia una voragine dopo la sua morte, soprattutto nelle finanze della famiglia;
    - la madre che troppo presa dalla sopravvivenza economica non si accorge di quello che sta vivendo la figlia. Solo dopo mesi e mesi di sofferenze ....Balena scrive: "Confesso a mia madre che quelle ragazze mi fanno sentire una bestia";
    - quelle ragazze, le crudeli compagne della scuola media;
    - la famiglia della madre, tutta al femminile;
    - il fratello Mario, che descrive il padre dal suo punto di vista, più reale di quello idealizzato dalla sorella.
     
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    Giulia Muscatelli è una bambina che, alla perdita del padre, suo punto di riferimento, che le trasmette amore ma non le nasconde mai i momenti di profonda crisi che lo colpiscono, subisce un grande trauma che porta all'inizio della sua trasformazione sia fisica che mentale.
    Più il vuoto lasciato dal papà si allarga, più Giulia cerca di colmarlo con il cibo, riempirlo del tutto fino a farlo scomparire, perchè quello di cui davvero affamata è amore e non cibo.
    La vita di una ragazzina obesa nei primi anni 2000 non è affatto semplice, la scuola privata dove studia è piena di ragazze bellissime e magre, che si prendono gioco di lei.
    Anna e Gaia, in particolare, sono viste da tutte come le ragazze perfette, ideali, ma la Giulia adulta si rende conto che tutta la loro bellezza non è altro che il rovescio della medaglia della malattia di cui lei stessa soffre; certo forse quella di Giulia è più evidente, ma non meno grave, più giudicata, ma non più sofferta.

    Grazie a queste ragazze Giulia scopre di avere un corpo, lo dice lei stessa: "Perchè a un certo punto ti rendi conto di avere un corpo. [...] Io mi sono resa conto del mio corpo quando me lo hanno fatto notare gli altri, le altre. [...] In generale ho compreso che comunicava per me - indipendentemente da me- quando gli altri, le altre, hanno iniziato a giudicarla." (pagina 53)
    Sembra che Giulia ci voglia dire che a lei, il suo corpo piaceva, o per lo meno non faceva caso a come fosse, quasi non sapesse di possederlo, e poi da un momento all'altro lo ha scoperto, ma non da sola, grazie al giudizio degli altri; ed è forse quello che capita a tutti, forse noi, con il nostro corpo, non avremmo problemi, se non sentissimo il giudizio degli altri, se ciò che ci circonda non ce ne facesse sentire la presenza.

    Un giorno arriva il soprannome, che la accompagnerà per tanti anni, e che definirà una parte della sua vita: balena.
    Balena, il nome che la stessa Giulia sembra quasi fare suo e che per quanto la faccia soffrire diventa parte della sua identità, tanto che anche in età adulta, cercherà sempre di proteggere quella parte così fragile di sé e mai scomparsa.

    Il papà che scompare è il motivo del corpo di Giulia e lei stessa a volte gliene fa una colpa, ci pensa, vorrebbe odiarlo, ma a trattenerla c'è la mamma; una mamma dolce e premurosa che non toglierebbe nulla alla figlia e vuole solo sia felice. Un po' per sé stessa e un po' per la sua bambina ignora i problemi finché non diventa inevitabile affrontarli, finché Giulia non confessa di essere bullizzata.
    Improvvisamente la mamma apre gli occhi, si scaglia contro la scuola che non fa niente per proteggere la ragazzina e la manda in un centro per ragazzi obesi.
    La riflessione viene puntata sulla questione del bullismo, in quegli anni non ancora riconosciuto nelle scuole e con le vittime poco tutelate, e del cyberbullismo; Giulia più volte riflette su quanto sia stata una sua fortuna che ancora i social non esistessero quando lei era "balena".
    I social che giudicano, disprezzano, pieni di persone che, nascoste dietro uno schermo, non si fermano a pensare chi stanno giudicando, la storia dietro alla persona fotografata, la storia dietro Giulia, il vuoto della sofferenza colmato con il cibo, la storia di Anna o Gaia che cercano di restringere il loro corpo per poter chiudere il vuoto dentro.
    I social, che però, negli ultimi anni hanno introdotto la "body positivity", che cercano di includere tutti, rassicurare e mettere a proprio agio, normalizzando tutti i corpi e tutte le forme, ma che forse, senza rendersene conto, ottengono l'effetto opposto; Giulia scrive: "Il coraggio di mostrarsi come si è che viene tanto celebrato non fa altro che sottolineare il senso di inadeguatezza: se chiami audacia il fatto che qualcuno indossi la minigonna anche se pesa 80, 100, 130 chili, allora stai comunque vagliando quel corpo, lo stai etichettando perchè, se c'è bisogno di tutto quel coraggio per palesarsi al mondo, significa che il mondo quel corpo non lo considera accettabile" (pagina 58).
    Nel corso degli anni Giulia sconfigge il suo disturbo alimentare, ma il nome balena, i giudizi, gli sguardi, le parole sussurrate, le rimangono dentro la testa, le rimbombano, perchè vengono represse, ma non scompaiono dal suo corpo, persistono nel suo inconscio e appena trovano l'occasione fuoriescono, sotto forma di riscatto. Quel corpo che tanto era stato disprezzato, diventa per l'autrice, il mezzo con cui viene apprezzata, con cui seduce gli uomini che la riempiono di complimenti ma che, come dice lei stessa, complimentandola, fanno un torto a balena, che è ancora parte di lei.
    Giulia è formata da due corpi, la sua identità è costituita dalla lei del presente e dalla balena del passato, che non potrà mai abbandonarla, ogni sguardo altrui risveglia una diversa lei.
    Balena, affamata, è tornata Giulia, quando è stata saziata di amore, compassione e tenerezza e quando il vero amore di un uomo è stato sostituito da quello di un altro uomo.

    Irene Filippa, 5^A Scienze Umane
     
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    "In generale, ho compreso che c'era una parte che comunicava per me-indipendentemente da me- quando gli altri, le altre, hanno iniziato a giudicarla." Ho deciso di riportare questa citazione perché mi ha fatto comprende al meglio il senso di inadeguatezza che provava la protagonista a causa del suo corpo, e non solo. Per me, è stato difficile concepire la cattiveria con la quale le sue compagne di classe la trattavano e la facevano sentire inadatta.
    Inoltre, di questo libro, mi ha colpita il modo di scrivere dell'autrice: l'ho trovato realistico e schietto, mi ha fatto capire al meglio la crudeltà degli anni della sua infanzia e della sua adolescenza.
     
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    Melissa e Irene hanno toccato, credo, un punto essenziale del libro, vale a dire il fatto che il dilatarsi esteriore della protagonista serva a nascondere il suo vuoto interiore, il bisogno di essere ascoltata, amata, accolta. Nelle pagine dedicate al suo soggiorno presso la clinica irlandese scrive, per descrivere gli altri ragazzi presenti nella struttura: "Ciascuno di noi, enorme fuori, porta dentro un vuoto che gli istruttori di nuoto certo non possono distinguere tra una bracciata faticosa e l'altra; dentro siamo magrissimi, quasi trasparenti. [...] Siamo bestie ferite" (pp. 150-151)
    In questo senso, mi sembra che la sua storia possa essere la storia di tanti, anche di coloro che non hanno sofferto del suo disturbo alimentare. A partire, quasi sorprendentemente, da Anna, che è accomunata dallo stesso dolore, affrontato e "gridato al mondo" in modo diverso: "Il mio corpo e quello di Anna, se messi uno di fronte all'altro, raccontavano la stessa storia, quella di qualcuno che grida: sono qui dentro, riesci a sentirmi? [...] Lei che aveva il corpo che desideravo, lo stesso che l'avrebbe uccisa se non avesse tirato un freno. Eravamo due ragazzine malate di una patologia in maniera opposta ma che nascondeva lo stesso intento: chiedere aiuto" (p. 143)

    Molti commenti sottolineavano, giustamente, la schiettezza con cui Giulia Muscatelli ha scritto questo romanzo. Io ci aggiungerei anche l'umanità, che traspare soprattutto nelle pagine finali, in cui, dopo tutto ciò che ha patito, riesce comunque a tendere una mano a chi l'ha fatta soffrire, guardando al di là di se stessa, interessandosi all'altro.
     
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    Ringrazio Simone, mio collega docente di Lettere, con cui quest’anno condivido il piacere di coordinare il Circolo dei Lettori creativi. La parte conclusiva del suo commento rimanda al “come” l’autrice racconti la sua storia, aspetto sul quale si sono già soffermate diverse Lettrici: Elisa trova il suo stile “naturale”, Melissa ne sottolinea la “lucidità” e Matilde lo definisce “realistico e schietto”. Nadeesha Uyangoda, che ha recensito “Balena” sulla rivista “Internazionale”, ha scritto che “Il tono della narrazione tende a essere neutro, quasi come se l’autrice, nonostante la scrittura in prima persona, volesse esporre i fatti, guardando la storia da una certa distanza. S’intravede comunque il resoconto sincero, a tratti in modo addirittura spietato, di come Giulia abbia abitato il suo corpo”.
    Eppure, nonostante questa “distanza”, l’autrice riesce miracolosamente a trasmetterci, come ha ben rilevato la mia collega Valentina, la forza dei legami affettivi, soprattutto quello col padre, rappresentati con intensa delicatezza.
    Giulia Muscatelli, come ha scritto Elisa, è stata capace di raccontare “lasciando non solo parole ma qualcosa di più”.
     
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    Ringrazio la mia collega Laura, che con il suo intervento riscatta la categoria degli insegnanti di Matematica, cui appartiene il professor Niba, forse l’unico personaggio veramente negativo di tutta la storia.
    A parte gli scherzi, però, la partecipazione della prof Arese dimostra che la lettura non è un’attività che riguarda una particolare disciplina, o un ristretto gruppo di esse, ma è trasversale, così come dovrebbe esserlo la sensibilità.
     
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    Ringrazio Matilde Viola per il suo commento al libro e per il consiglio di lettura: Lettrici e Lettori creativi amano condividere questi suggerimenti, perché un libro ne richiama un altro e un altro ancora, in una sequenza che s’intreccia con la nostra vita.
    Suggerisco anch’io due titoli della stessa autrice, Chiara Gamberale, che ha esordito circa vent’anni fa con il romanzo “Una vita sottile”. Anche questo, come “Balena”, è un racconto autobiografico: Chiara, un’adolescente in cerca della propria identità, passerà attraverso la dolorosa esperienza dei disturbi alimentari. Il soggetto del libro ha ispirato un film per la TV, con lo stesso titolo.
    Il secondo suggerimento di lettura è “Il grembo paterno”: come si intuisce fin dal titolo, nel romanzo (oltre al tema del disturbo alimentare) è presente il complesso rapporto col padre, che Adele, la protagonista ormai adulta e madre, analizza ripercorrendo i ricordi della propria infanzia: l’accostamento al tema centrale di “Balena” è ancora più evidente.
     
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    "Balena", un libro che tratta una tematica molto toccante, raccontata in modo schietto e diretto. Uno dei passi che più mi è piaciuto di questo libro è a pagina 65, pezzo in cui Giulia viene derisa per via di un evento mal raccontato da Maria, una ragazzina che si è finta sua amica. Qui la protagonista si è mostrata molto matura decidendo di non vendicarsi raccontando a sua volta un segreto di Maria, ma di stare in silenzio mostrandosi superiore. Concludo riportando una riflessione di Giulia a parer mio molto significativa "ognuno di noi deve rimanere concentrato a pulire le sue macchie, serve troppa energia solo per quello, e sporcare gli altri non ci farà sentire più lindi, ci insudicerà ancora di più."

    Arese Melissa 3^ CU
     
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    Il commento scritto dalla collega Laura sulla forte presenza femminile nella famiglia di Giulia, mi ha fatto venire in mente un altro tema di questo libro, legato alla rappresentazione che l'autrice fa del mondo femminile, forte e dotato di un potere salvifico nei confronti di un mondo maschile fragile.
    Il romanzo familiare di Giulia è abitato da donne forti, un po’ per carattere un po’ perché sembrano aver fatto proprio quel ruolo assegnato alle donne della loro famiglia. "E' questo che le avevano insegnato e che lei, a sua volta, avrebbe insegnato alla piccola: le femmine arrivano e ti salvano." (p.115). Ed è questo quello che fa la mamma di Giulia quando il marito sviene alla vista delle fiamme che incendiano l’auto. Quando cerca di rianimare “il gigante che non regge il dolore”. Ed è questo che vorrebbe diventasse sua figlia ancor prima che nascesse: “la vorrebbe simile a suo padre, ma non del tutto, più forte, più femmina”. (pag. 114).
    Le parole della nonna, sembrano confermare la stessa visione: "era riuscita a creare la sua famiglia di donne; imperfette, infelici, matte, ma femmine come è giusto che sia...E oggi quel compito è passato a me, l'ho assimilato quando io e mia madre siamo rimaste sole...Portare l'allegria mi viene facile, ne porto così tanta in giro per il mondo che quando arriva sera non ne rimane più per me. Descriviti con un aggettivo: solare. Ma quel solare è solo studio, impegno, dedizione e disciplina" (pag.77)
    Quanto può essere difficile darsi il compito di portare l’allegria agli altri? E cosa succede quando dell' allegria non c'è più neanche l'ombra, quando la disciplina non basta più a salvare gli altri e non resta più nutrimento per se' stessi? Allora è il corpo a rispondere, a ribellarsi dilatandosi e nutrendosi a dismisura, assumendosi tutto il peso metaforico e reale di un compito troppo grande per un’adolescente, di un vuoto troppo grande da riempire.
     
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    Il 18 Gennaio 2018 partecipavo al mio primo circolo dei lettori Anciniano, parlavamo di un libro meraviglioso, come fate voi oggi. In quel libro, Il giardino di Amelia, c’era una frase che mi è rimasta per sempre impressa: “Keep living until you feel alive again”.
    Ci riflettevo in questi giorni e credo che questa frase sia vera anche per Giulia, anzi, per Balena. Ieri, leggendo il commento di Elisa Lubatti, che ringrazio, mi è tornata in mente questa citazione: “Anche se più di ogni altra cosa credevo di desiderare un corpo snello e tonico, la realtà – questo lo so solo oggi – è che me ne ero sbattuta delle regole estetiche ma avevo provato, con tutte le forze che mi erano rimaste, a trovare una soluzione per sopravvivere. Ho cercato di arrivare al limite per poi esplodere e raccogliermi, rimettermi insieme, amarmi dopo essermi odiata allo sfinimento.” pag. 144
    A volte all’età di Balena, alla vostra età, succede qualcosa che ci cambia per sempre, un grande dolore che sembra impossibile da superare (“…ognuno di noi ha un immenso dolore al centro della pancia..” pag. 83). Allora ognuno cerca il modo per sopravvivere a questo vuoto come può. Quello di Balena è stato di fare spazio dentro di lei, di accumulare massa per chi non c’era più, per chi spazio fisico non poteva più averne. Come avete già notato, quello di Anna è stato invece il modo di chi cerca di diventare invisibile, di occuparne meno possibile, di spazio. Due facce di una stessa medaglia che di facce ne ha infinite.
    Poi, piano piano, ed incredibilmente, i pezzi iniziano a ricomporsi e noi iniziamo a rimetterci insieme, ad amarci finalmente dopo lo sfinimento. Anche qui, ognuno lo fa a modo proprio. Per Giulia, credo, una parte importante di questo processo di riappropriazione di sé è stata la scoperta, o meglio la riscoperta, della lettura. (Balena guardava la Tv, Giulia vuole "leggere, per sempre.")

    Ecco, sommessamente, dico che così è stato anche per me. Quel giorno di sei anni fa ha cambiato poi un po’ la mia vita, non solo di lettrice e di studentessa, ma di persona. Sono sicura che fra di voi c’è qualcuno che sarà altrettanto toccato nel profondo da questi incontri speciali con i libri, e con gli altri Lettori. Godetevi questa straordinaria opportunità, di cui sono sicura Balena avrebbe avuto così tanto bisogno.
     
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    Balena mi ha indubbiamente colpita, perché tratta molto bene il tema dei disturbi alimentari, non concentrandosi solamente su questo aspetto, ma descrivendo il contesto in cui si sviluppa.

    "Leggo 1+1+1300+5+4500+1. Un padre morto; una madre stanca; milletrecento pacchetti di Amica Chips mangiati su un divano che non esiste più; cinque volte in cui mio fratello mi ha detto 'ti voglio bene'; quattromilacinquecento volte in cui ho visto mia madre piangere; una convinzione, che mio padre soffra ancora. Io peso infinito." (pag. 129)

    "Il cibo a casa nostra aggiusta tutto, è la nostra colla, la pezza che mettiamo sugli strappi delle nostre malinconie." (pag. 77)


    Questo libro non racconta unicamente di questo disagio, tuttavia lo usa come filo conduttore di una storia vera: la vita di Giulia Muscatelli, che è stata "Balena" in passato e continuerà a sentirsi "Balena". Infatti, questo soprannome, che le viene affibbiato crudelmente nell'adolescenza, le provocherà un enorme dolore anche quando ritornerà a essere normopeso. Imparerà, però, pian piano ad accettarlo, come ha intenzione di accettare se stessa in qualunque corpo. Perché, in fondo, è diventata "Balena" per colmare, esternamente, ciò che la feriva dentro.

    "Le due me si sono unite mischiate; ma anche se sono diventata un'unica donna, sono rimasta doppia. Abito due corpi, frutto degli sguardi degli altri, senza sapere in quale riconoscermi davvero. [...] Non è mai stata, mai, una semplice questione di grasso." (pag. 139)


    Giulia Muscatelli inserisce i protagonisti della sua vita, di cui si scorge la fragilità umana: la madre determinata, ma distrutta dalla morte del marito; il padre affettuoso, ma instabile; le compagne delle medie, spietate, ma afflitte da altri problemi; il fratello maturo, ma poco presente.
    È proprio il racconto soggettivo e dei loro difetti a renderli vivi.

    "Ma negli errori di mio padre io ritrovo tutta la sua presenza: più lo ricordo sbagliato, più lo sento vivo." (pag. 38)


    Vengono citate anche altre persone, ma quella più significativa è sicuramente quella del padre, punto fisso per Giulia Muscatelli, che lo amava profondamente e lo stimava enormemente (a differenza di Mario, che nota razionalmente, ma tragicamente e tristemente gli aspetti più ambigui del padre). L'autrice porta con sé gli insegnamenti che il padre le ha donato finché è stato in vita, come le ultime parole che le rivolge: "Quando saluti le persone che ami, ricordati di dire 'ti voglio bene' " (pag. 160)


    Per chiudere, ecco l'insegnamento che più ho apprezzato:
    "'È così che dovrebbero essere gli eroi," mi diceva, "sognatori nonostante tutto." (pag. 34)

    Lucia Mengheres, 5^AU
     
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    Danila Mari 3^ Scienze Umane.

    Il libro "Balena" parla di una ragazza di nome Giulia, che soffre di disturbi alimentari, e a causa del suo aspetto fisico viene presa in giro dai propri compagni di classe.
    Pur essendo un tema proposto molteplici volte, è impressionante come l'autrice sia riuscita a trattare un argomento così delicato, rendendo partecipi i lettori all'interno della storia, mettendosi a "nudo".
    Personalmente ritengo che nel corso della vita ognuno affronti delle situazioni complicate che possono stravolgere le proprie abitudini; nel caso della protagonista la morte del padre, che ha causato in lei molto dolore, che cerca di colmare tramite il cibo.
    A parer mio il peso di una persona deve preoccupare solo quando questo porta a problemi di salute e non a "problemi" estetici.
    Il giudizio di un individuo basato sull'aspetto fisico è comune nella società, credo, però, che sia migliorato negli anni, poiché questo argomento viene trattato con maggiore frequenza.
     
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