"Balena"

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    Sono entrato qualche minuto fa sul forum per continuare a leggere i vostri interventi, e ho trovato il post di Angelica…ritornerò appena possibile sul suo commento al libro, in particolare su una frase, ma voglio subito salutarla e presentarvela! Avrete capito che si tratta di una ex anciniana… aggiungo che frequenta il quarto anno di Medicina, e ci ha scritto dal Portogallo…
    Una vostra compagna “più grande”, insomma, che io ringrazio per quello che vi ha appena confidato (e che mi ha commosso) sulla sua esperienza di Lettrice e sul valore che i libri hanno avuto (ed hanno, ve lo dico per certo!) nella sua vita.
    Grazie Angelica!
     
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    Sto rileggendo con calma i vostri post, che rivelano accuratezza di lettura e profondità di riflessione: grazie per averli condivisi!

    Da parte mia, vorrei evidenziare un tema centrale del racconto, che mi sta particolarmente a cuore: la relazione tra Giulia e suo padre. Diverse lettrici, fin da ieri, ne hanno dimostrato la profondità e la complessità: Sofia ne ha rilevato l’amore e la complicità, che si traducono in vuoto incolmabile dopo la sua morte, il quale sarà causa (dice Miriam) della dolorosa metamorfosi della figlia. Giulia Lasagna e Irene sottolineano la complessa personalità del padre, con le sue luci e le sue (inspiegabili) ombre, ben sintetizzate dalla mia collega Laura, che parla di un padre “amato e temuto”, anche nelle banali situazioni quotidiane, che perciò possono diventare drammatiche:
    “Bere è il primo gesto della giornata, appoggio le labbra sul collo della bottiglia e lascio che l’acqua mi scivoli in gola, trattenendo il respiro. Ma a volte sono distratta e mi dimentico di lui nell’altra stanza, la plastica si storpia con la mancanza d’aria, e allora mi sforzo di staccare la bocca senza che, tornando alla sua forma, la bottiglia faccia rumore. Spesso fallisco, e allora mio padre urla” (p. 20).

    La mia collega Valentina (nel suo post di ieri) ha accostato in modo suggestivo due citazioni sulle mani del padre, che dicono molto sull’identificazione di Giulia con la figura paterna e sul ruolo salvifico che il padre esercita su di lei, pur nell’assenza. Questo commento mi ha riportato alla mente le pagine forse più famose della “Coscienza di Zeno”, di Svevo. Il protagonista, Zeno Cosini, ha col padre un rapporto difficile, contemporaneamente di conflitto e identificazione. Il padre, dal canto suo, considera il figlio un inetto, e mentre quest’ultimo lo assiste sul letto di morte, con un gesto forse inconsulto, lo colpisce al viso con uno schiaffo, proprio prima di spirare. A lungo Zeno sarà perseguitato dal dubbio e dal senso di colpa: il padre avrà avuto davvero un’intenzione punitiva nei suoi confronti? Ecco come Zeno, il giorno dopo, descrive il cadavere del padre: “La morte aveva già irrigidito quel corpo che giaceva superbo e minaccioso. Le sue mani grandi, potenti, ben formate, erano livide, ma giacevano con tanta naturalezza che parevano pronte ad afferrare e punire. Non volli, non seppi più rivederlo”.
    Il corpo imponente e ancora capace di incutere timore, e soprattutto le grandi mani, ricordano il padre di Giulia, ma su quest’ultima, come giustamente sottolinea Valentina, esse avranno l’effetto opposto: “sono grandi mani tese che riportano in vita, capaci di salvare dalla morte, di risollevare dall’abisso in cui si può sprofondare”.
     
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    Il libro mostra quanto la società e il passato possano influenzare una persona, facendola soffrire fino al punto di avere problemi anche legati al cibo. "Balena" è una storia molto vicina a noi adolescenti, sia nel modo in cui è scritta, ma anche nei temi di cui tratta: l'inadeguatezza, la perdita o mancanza di qualcuno e il desiderio di un nuovo inizio.
    In questa fascia di età infatti molti sono deboli, ostacolati da pensieri, insicurezze e ferite: capita di sentirsi sbagliati o non compresi; si possono inoltre perdere legami con le persone, oltre ai lutti; e, spesso, si ha la voglia di cambiare.

    "Vorrei dirle che non mi sento bene con questo nuovo corpo che abito, che c'è qualcosa dentro di me che vorrei cacciare via ma non so come, che non mi riconosco ma allo stesso tempo non saprei dove trovarmi." (pagina 101)
    Questa, è la frase del libro che più descrive, a parer mio, ciò che prova un adolescente nei momenti di crollo interiore.

    Chiavassa Chiara 3^ASU
     
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    Jacopo Toselli, 5^A scientifico

    "Balena" di Giulia Muscatelli, con un efficace taglio biografico, ha il coraggio e riesce spiccatamente a presentare una realtà, quella dei disturbi alimentari, che inevitabilmente ha toccato da vicino tutti noi. Molti, però, non se ne sono mai accorti, o - ancora peggio - se ne sono resi conto e hanno riversato il loro odio verso queste persone (come le due ragazze amiche-nemiche della protagonista), "bullizzandole" fisicamente, ma soprattutto psicologicamente.
    Credo, infatti, che la pressione più insopportabile non sia quella di un appellativo, seppur spregevole, ma soprattutto quella inadeguatezza ad un mondo troppo conformista e ingiusto verso chi non è allineato alla massa che ne deriva da esso.
    Il dolore più grande, per una ragazza come Giulia, è proprio il non sentirsi "normale": da questo romanzo si può capire perfettamente come l'accettazione delle diversità non sia ancora (e ritorna qui lo stesso aggettivo) "normale".
     
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    Elena Chiavassa 5BL

    “Balena”
    Un libro scorrevole, che allo stesso tempo riesce a trattare di tematiche molto importanti, oltre che attuali.
    La fragilità di una bambina che diventa una corazza. L’evoluzione di questo personaggio mi ha colpito particolarmente.
    I disturbi alimentari e l’elaborazione di un lutto, soprattutto di una persona così stretta, sono tematiche non facili da affrontare, ma Giulia Muscatelli è riuscita pienamente nel suo intento.
    Mi chiedevo però, se Giulia non avesse dovuto fingere di non sapere della morte paterna, se avesse avuto modo di scoprirlo diversamente, sarebbe stata tanto diversa la sua crescita?

    In ogni caso una bambina capace di fingere di non essere a conoscenza di una notizia così pesante, che volontariamente hanno scelto di non darle, non può che essere una persona forte. Questa caratteristica viene poi nuovamente riconfermata, in quanto anche nella sua stessa fragilità ha dimostrato di essere fortissima perché in grado di superarla.
     
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    Rileggendo i vostri commenti, mi accorgo che Giulia Muscatelli ha saputo trovare le parole e i toni giusti per raccontare la propria esperienza suscitando l’empatia delle Lettrici e dei Lettori giovani, anzi, come hanno scritto Elisa Lubatti e Melissa Vercelli, ha saputo dare voce all’oscuro groviglio emotivo di “tutte quelle persone che non si sono ritrovate nel loro corpo e che avrebbero voluto essere altrove”.
    Molte di voi hanno condiviso emozioni e riflessioni sul tema del corpo: il corpo che comunica (Irene e Matilde), il corpo giudicato (Carlotta, nel suo secondo post, e Cecilia) che diventa un “problema” e fa sentire “inadeguati”, perché lo sguardo degli altri induce a sentirsi così: lo hanno detto Cecilia, Irene, Matilde, Danila, Chiara e Jacopo.
    Irene e Lucia, poi, colgono bene l’imprevedibile reazione di Giulia, una volta superato il disturbo alimentare e scopertasi capace di sedurre col proprio corpo: non solo non cercherà di cancellare il soprannome di Balena dalla propria vita, ma “imparerà […] pian piano ad accettarlo, come ha intenzione di accettare se stessa in qualunque corpo” (Lucia), e quando gli uomini le esprimeranno il loro apprezzamento, sentirà comunque che “complimentandola, fanno un torto a Balena, che è ancora parte di lei” (Irene).
    Tra le reazioni della protagonista, mi ha colpito il suo consapevole rifiuto di vendicarsi contro chi le ha fatto del male, dimostrando così equilibrio e maturità, come ha fatto notare Melissa Arese. Giulia, questa giovane donna che da bambina è stata ferita dal giudizio degli altri, non solo non ha trasformato il proprio dolore in rancore, ma ha imparato a gioire intimamente, constatando che le cause della sua sofferenza oggi stanno regredendo:

    “Ciò che davvero non mi fa più stare male sono le giovani donne di oggi, la loro fiera consapevolezza quando camminano per strada, i loro corpi che si mostrano liberi. Ho fallito io, ma sapere che loro ce la possono fare a oltrepassare quello che io non sono mai stata in grado neppure di arginare, sapere che il fallimento potrebbe essere solo mio, personale, e non per forza anche della nuova generazione di adolescenti, mi fa sentire in pace” (p. 143)
     
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    Balena è un libro profondo e ricco di spunti per riflettere. In particolare mi ha colpito un passo del libro: “Tutto quello che guardavo raccontava di giovani donne, felici o anche infelici, magari povere, magari figlie di alcolizzati o drogate, persino orfane, ma mai grasse. Chi scriveva le storie che credevo di amare eliminava dalla narrazione quelle come me. E non vedendo gente simile a me, anch’io pensavo di non esistere, o meglio: pensavo di essere l’unico esemplare della mia specie.” (pag. 65)
    Questo passo penso sia veramente significativo: la ragazza non solo viene presa di mira dai suoi compagni, ma non ha neanche una rappresentanza nel mondo che la circonda. Prima che ne parlasse con la madre, lei si sentiva completamente incompresa e sola, perché non trovava neanche delle risposte su come affrontare i suoi problemi nella società in cui viveva. Questa la porta a considerarsi sbagliata e quasi aliena nel mondo in cui vive. Giulia non solo deve affrontare una grande perdita, che non riesce a colmare neanche con il cibo, ma non ha un supporto nemmeno dai suoi coetanei, anzi è oggetto dei loro scherni.

    Gazzera Anna 3C scienze umane
     
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    "In effetti sì, è proprio così. Ho già capito una cosa che, passati gli anni, finite le medie e diminuiti i chili, avrei razionalizzato: grassa significa automaticamente goffa. Una donna grassa si deve adattare al mondo che la circonda, non può sperare che sia il contrario." (pag.72).
    Nel libro "Balena" Giulia Muscatelli definisce così la figura di una donna in sovrappeso agli occhi della società odierna. Spesso, infatti non si giudicano o descrivono le persone sulla base dei pregi, dei difetti o della personalità, bensì, con un atteggiamento superficiale, solamente in base all'apparenza. In questo spezzone del libro, infatti, Balena viene derisa dalle sue "amiche" Anna e Gaia, perché non vuole rubare un braccialetto in una gioielleria, ma, a causa del suo conflitto interiore e della difficile situazione familiare in cui si trova, la protagonista, in breve tempo, mette in discussione i suoi valori morali e compie il misfatto.
    Questa scena è la prova del fatto che, in un periodo delicato e di crescita come l'adolescenza, giudizi affrettati, luoghi comuni ed insensibilità da parte di amici o conoscenti possono influenzare molto la fiducia in sé stessi e quasi definire o cambiare i tuoi comportamenti. Balena, infatti, inizia ad assecondare l'immagine che gli altri hanno creato di lei e, personalmente, la frase che mi ha colpito maggiormente è questa:
    "Forse mi costringo a ingurgitare tutto solo per questo, per essere sicura di provare vergogna e quindi di non essere un animale. Più loro mi chiamano Balena, più io lo divento. Fino a quando non comprendo più se quel nome, Balena, viene da me o da loro." (pag.73)
     
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    Come preannunciato nel mio saluto ad Angelica, desidero ritornare sul suo commento, che contiene una frase interessante: “Per Giulia, credo, una parte importante di questo processo di riappropriazione di sé è stata la scoperta, o meglio la riscoperta, della lettura. (Balena guardava la Tv, Giulia vuole "leggere, per sempre.")”. Condivido l’osservazione di Angelica, e amplio un po’ la citazione da lei proposta (p. 139):

    “La mia fame si era allargata e, in ritardo sulle aspettative di mia madre, cominciavo a capire che cosa avrei voluto fare nella vita: leggere, per sempre. Frequentavo Lettere, scrivevo racconti scadenti, tentavo concorsi, andavo alle presentazioni degli autori di cui avevo letto almeno un libro”

    Sicuramente, come rileva Angelica, la riscoperta della lettura è un momento importante del “processo di riappropriazione di sé”, ma subito dopo Giulia aggiunge “scrivevo racconti scadenti”: lettura e scrittura sono il nuovo “cibo” con cui ella nutre la sua “fame” che non è scomparsa, ma si è allargata. Un amico psicologo che ha letto “Balena” mi ha fatto notare che questo passaggio è fondamentale nella vita della protagonista: mentre Balena consumava cibo e TV, Giulia crea scrittura, cioè passa da una fruizione passiva ad un’azione attiva, creativa, che genera desiderio di vita, in lei e poi nel lettore. La sua creazione, il libro che noi leggiamo, è il racconto lucido, schietto, coraggioso (gli aggettivi sono vostri) del suo doloroso percorso di formazione, e forse scrivendone l’autrice-protagonista ha finalmente oggettivato la propria sofferenza, liberandosene.
    Angelica, parlando della lettura, ha precisato che si tratta di una “riscoperta”; forse questo vale anche per la scrittura: Giulia la ri-scopre da studentessa universitaria, perché la sua attitudine alla scrittura si è manifestata molto tempo prima, nel momento tragico del funerale del padre, durante il quale una zia legge in chiesa una lettera composta dalla bambina in ricordo del papà. Giulia interpreta il silenzio del pubblico come indice di insuccesso e scappa fuori dalla chiesa, pensando a ciò che sarebbe successo se il padre fosse stato presente:
    “Mio padre avrebbe sistemato il testo, poi avrebbe ascoltato mentre zia leggeva e sarebbe salito in piedi sulle panche per applaudire, non prima però di avermi spiegato ancora come essere più precisa e meno prolissa nella frasi” (p. 43).
    Il padre di Giulia è un giornalista, molto esigente nei confronti della figlia per quanto riguarda la cura del lessico e dello stile: quando, scomparsa apparentemente Balena, Giulia riscoprirà la sua attitudine alla scrittura, forse avrà trovato un altro modo per dire a suo padre “Vieni qui, c’è posto per due” (p. 103).
     
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    Beatrice Barbero 4^BS
    "Così, deludendo mia nonna e mia zia, riprendiamo la vita di sempre, anche se non somiglia per niente a quella che era sempre stata. La parola "sempre" per noi non esiste più: non è stato "per sempre" il matrimonio dei miei genitori, e mio padre non mi vorrà bene "per sempre", almeno non per il mio "per sempre"." (pag. 54)
    "Balena" a mio parere è un ottimo libro, poiché grazie al suo linguaggio molto semplice, è riuscito a farmi immedesimare nella protagonista durante tutto il tempo di lettura, nonostante io non abbia vissuto né la perduta di un padre e non abbia mai sofferto di disturbi alimentari. La frase citata mi ha colpito particolarmente in quanto lei "accusa" il padre di non volerle più bene e credo che questo azione sia molto comune poiché non riuscendo ad accettare la crudele realtà la ragazza prova quasi ad "odiare" il padre, forse per scacciare il dolore che la sua scomparsa ha provocato.

    "Ognuno di noi, ho pensato quella mattina mentre prendevo posto al mio banco e cercavo di ignorare le risatine delle mie compagne (Balena! Balena! Balena! Balena!), ognuno di noi deve rimanere concentrato a pulire le sue macchie, serve troppa energia solo per quello, e sporcare gli altri non ci farà sentire più lindi, ci insudicerà ancora di più." (pag. 65)
    Della frase appena citata mi ha stupita la maturità che potesse avere una ragazzina di fronte a tutto quell'odio, soprattutto perché non credo che in molti a quell'età, io per prima, avrebbero avuto un intelligenza tale da tacere ed evitare di ribattere con altrettante cattiverie pur di difendersi.
     
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    "Balena" di Giulia Muscatelli penso sia uno dei libri più attuali e che meglio descrive la nostra società, soprattutto la fascia degli adolescenti. In un mondo in cui sembra che ciò che conti di più in una persona sia la forma fisica, lo stile che ha, i cantanti che ascolta e molte altri aspetti superficiali, Giulia è riuscita a mettersi " a nudo". Tuttavia, non si è solo spogliata davanti ai suoi lettori, ma è riuscita a spogliare questi stessi, poiché le insicurezze di cui tratta sono le stesse che, almeno una volta nella vita, tutti abbiam provato.

    "Poi ritorno nel letto. L'aria fredda invade le stanze. Stanotte dormirò così, lascerò entrare qualsiasi cosa. Persino te, Balena, che non sei più qui ma rimani al mio fianco. La parte migliore di me, la mia bellissima Balena". La parte che mi ha colpito di più è il finale, in particolare le ultime tre pagine. Mi ha stupita il modo in cui, ora, Giulia tratta il suo passato e la sua fierezza nell'essere riuscita a guarire. E' proprio questo quello che, secondo me, tutti dovremmo provare una volta conclusi i momenti difficili della nostra vita. Un sentimento privo di rancori, che non rinnega nulla della propria storia, ma anzi ne fa tesoro.

    Benedetta Bertoglio, 3AU
     
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    Balena è un romanzo di pieni e di vuoti: ci sono emozioni che colmano tanto la protagonista da straripare e ci sono assenze difficili da riempire.

    Nella lettura di questo libro sono rimasta colpita particolarmente dalla frase “Credevo che mio padre volesse tenermi lontana dai chili in eccesso per una pura ragione di salute, ma presto ho capito che il peso che voleva evitarmi non era quello di un corpo grande bensì quello della società che quel corpo lo giudica” (p.58).

    Da questa frase si può comprendere che il padre di Giulia non è perfetto, ma autentico e nonostante le sue raccomandazioni quei chili arrivano e con essi i primi insulti e il soprannome “Balena” che le si attacca per il resto della sua vita. Tali difficoltà, se prima consistevano in piccole prese in giro, si trasformano ben presto in veri e propri atti di bullismo in riferimento ai quali persino i genitori non sapevano come agire. Non bisogna dimenticare, infatti, che il libro è ambientato in anni in cui la parola “inclusivo” era ancora sconosciuta e il canone predominante era la magrezza. Il bullismo c’è stato e di sicuro non ha aiutato la protagonista in un periodo di grande fragilità in cui cercava di elaborare un lutto.

    Nel raccontare questa storia l’autrice, quindi, porta avanti una riflessione di carattere sociale e al centro del suo interesse vi sono le persone e le loro relazioni di fronte alle difficoltà imposte dalla quotidianità, dal dolore e dalla fatica. “Balena” è la storia di un corpo che cambia e diventa gigantesco, ma è anche la storia di una donna che si riappropria di sé grazie a quel corpo.

    Ulteriore frase che mi ha colpita è “Papà ha il suono della complicità, della confidenza, della vicinanza e quindi dell’abitudine” (p.102).

    Nel libro la Muscatelli usa il termine padre e non papà perché l’intimità espressa da questa parola sono scomparsi quando lui è morto. So cosa vuol dire perdere una persona cara e conosco il sentimento di ingiustizia che accompagna il lutto. Comprendo la reazione violenta di Giulia contro il mondo esterno, da lei ritenuto indifferente verso chi soffre.

    In conclusione si può affermare che “Balena” non afferma la sua unicità eroica di fronte ai soprusi subiti dai corpi perfetti delle compagne magre, ma esprime una difficile sorellanza basata sull’incomunicabilità tra i due mondi.

    Alberti Sara, 5AU
     
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    "...ma c'è sempre stato qualcosa di innaturale nella nostra storia, la sensazione che le cose non siano mai andate come è normale, come è giusto che sia." (pag. 28)

    Questa frase mi ha fatto riflettere su come molte volte si pensa che la nostra storia sia diversa solo perché non va secondo le nostre aspettative. Moltissime volte infatti capita di considerare "non normale" una cosa perché diversa da come la si è sempre immaginata o vista. Si tende a considerare giusta soltanto la normalità, trascurando tutto il resto. L'autrice infatti tramite il suo racconto mi ha fatto capire che non bisogna mai arrendersi di fronte agli imprevisti ma andare avanti e continuare a costruire la propria vita.
     
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    Cosa significa sopravvivere alla morte del proprio padre?
    Domenico Muscatelli ha popolato i primi undici anni di Giulia, facendole sentire il suo amore incondizionato di padre:

    “Credevo che mio padre volesse tenermi lontana dai chili in eccesso per una pura ragione di salute, ma presto ho capito che il peso che voleva evitarmi non era quello di un corpo grande bensì quello della società che quel corpo lo giudica” (p. 58)

    Eppure quei chili arrivarono: a scuola piovono i primi insulti e il soprannome "Balena" viene dato a Giulia senza pietà.
    Anna e Gaia, compagne di classe, prendono in giro Giulia fino allo sfinimento e architettano scherzi pesantissimi, che sfociano in veri e propri atti di bullismo. Siamo, però, in un'epoca in cui si parlava poco o niente di bullismo, le tutele erano molto limitate, i genitori non sapevano come agire e il canone di bellezza predominante era la "magrezza". Se aggiungiamo che Giulia non voleva in alcun modo preoccupare sua madre, già presa tra due lavori e i debiti da saldare, la casa da conservare a qualsiasi costo, capiamo come i comportamenti dei compagni non facciano che innescare un dolore “sordo” nella giovanissima protagonista. E ancora oggi, che sono passati vent'anni da quegli eventi, la narratrice non può fare a meno di commentare gli strascichi di quegli anni, dall'alto di una maturità che non ha però dimenticato cosa significhi sentirsi rifiutati dal mondo.

    Ellena Giulia, 5B SU
     
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    Come è stato giustamente detto “Balena” è la storia di un corpo che cambia e diventa enorme, come il dolore che nasconde dentro, ma è anche il corpo di una donna, un’identità che a mio avviso l’autrice rivendica e sottolinea, perché se già a volte può essere difficile per una donna rivendicare il proprio posto, lo è ancora di più se questa è grassa. “Una donna grassa si deve adattare al mondo che la circonda, non può sperare che sia il contrario. Lo spazio a sua disposizione è già ristretto per il genere che lo abita, limitato. Come osa poi, una femmina, pretendere più spazio ancora?”.

    Con forza Giulia alla fine riesce a fare pace con se stessa e con il passato, una forza ereditata da generazioni di donne coraggiose e determinate come sua nonna e sua madre, che con il loro motto “a volte devi solo fare quello che devi fare senza pensarci troppo” non si sono mai arrese alle difficoltà. Rimaste sole diventano l’una l’appoggio dell’altra, l’una la forza dell’altra: “Siamo un gomitolo di sofferenze io e lei, intrecciate dalle immagini che negli anni, insieme abbiamo attraversato. Ciascuna deve qualcosa all’altra: consolazioni, attenzioni, rinunce (...) Entrambe ansiose di preservare ciascuna i suoi segreti, taciuti solo per non far soffrire l’altra, nell'assurda convinzione che sia la scelta giusta”.

    Ironicamente è come se anche il nuovo nome che le viene crudelmente assegnato determini definitivamente il suo ruolo all’interno della famiglia: "Qualche tempo prima avevo visto un documentario sulle orche, e avevo scoperto che sono una delle poche specie in cui la struttura famigliare ruota attorno alle femmine del gruppo. La matriarca è la guida e i suoi cuccioli restano con lei per decenni”.

    Infine è giusto notare, che sebbene in alcuni punti le sue affermazioni possano sembrare l’antitesi del femminismo, il percorso di Giulia è una continua ricerca di amore, rispetto e riconoscimento a partire da se stessa. E’ una donna che si riappropria del proprio corpo, prima giudicato e disprezzato, poi medicalizzato e oggettivizzato, che utilizza per proteggersi, per attrarre e infine per riconoscersi, per ripercorrere le tappe del suo passato e andare avanti: “capirò quanto mi sia servito questo corpo, quanto mi sia servito detestarlo, per costruire le ali della cazzo di farfalla che gli altri speravano diventassi: due ali colorate montate sul corpo di un fiero bruco”.

    Angelica Gattino 5BU
     
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84 replies since 11/1/2024, 16:03   2481 views
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