"Sempre tornare"

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    ‘‘ I piani che si costruiscono con tanta cura e fantasia sono fatti per essere stravolti dagli eventi’’
    Questa ritengo essere la frase che meglio riassumere il libro Sempre tornare di Daniele Mencarelli, dove questo giovane ragazzo si trova a voler ritornare da Misano Adriatico a Roma a piedi, sperando sulla gentilezza e disponibilità delle persone. Questo è un viaggio alla insegna della sopravvivenza siccome Daniele si ritroverà più volte a dover fare l’autostop per poter chiedere un passaggio, un posto in cui riposare, del cibo o del denaro portandolo al tempo stesso ad affrontare realtà tra di loro più disparate.
    “L’autostop non è molto diverso dalla vita. Bisogna guardare negli occhi tutto, con attenzione, dedizione. Sapendo che qualcosa comunque sfugge. Sempre. Non siamo padroni di niente, di nessuno. Non lo siamo di noi stessi. Figuriamoci delle macchine che passano, senza fermarsi.”

    Martina Olivero 5BS
     
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    MIRIAM MAURINO, 5AU
    Sono sempre stata una grande lettrice, ma da qualche mese ero intrappolata nel cosiddetto "blocco del lettore": ero disperata perché non trovavo un libro che mi tenesse incollata alle pagine. Quando ho aperto "Sempre tornare" mi sono innamorata del protagonista e delle sue avventure che, a poco a poco, sono diventate anche mie.

    Tra le tante frasi che mi hanno colpito, vorrei citare "La felicità è un lampo, chiede di essere vissuta non misurata". Appena l'ho letta, mi sono fermata a pensare quante volte, con i miei amici, ho sentito la necessità di far vedere a tutti, tramite una foto o un video, quanto io mi stessi divertendo. Io non me ne rendevo conto, ma in realtà stavo sprecando quel prezioso istante solo per mettermi in mostra e misurarmi con una società che vuole necessariamente tutti felici.

    Leggendo questa frase, mi sono venuti in mente molti collegamenti con canzoni, altri libri e film, e vorrei consigliare a tutti coloro che non l'hanno mai visto "Chiedimi se sono felice" di Aldo, Giovanni e Giacomo. Una commedia che secondo me aiuta ad apprezzare di più la felicità, in modo da non misurarla con metro e bilancia.
     
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    Alberti Sara cl. 4^ A.U.
    La lettura del romanzo “Sempre tornare” mi ha insegnato come lasciar andare, quanto sia importante, duro, ma anche bisognoso, buttarsi alle spalle il passaggio di un evento, doloroso o bello che sia. Perché non tutto può avere un seguito: qualcosa ci tocca, ci vive, ci lascia, finisce. Quando tutto sembra filare liscio, all’improvviso può cambiare rotta e spostare la meta del nostro viaggio per lasciar andare e non farci più tornare, a differenza di quanto detto dal titolo. Ciò che pervade questo libro, infatti, è il senso della perdita come atto di forza e resistenza e perdere qualcosa o qualcuno non vuol dire abbandonare per sempre, ma solo passarci. Questa storia è, inoltre, un susseguirsi emozioni costruite passo dopo passo per questo trovo che “Sempre tornare” sia il libro perfetto per gli adolescenti. Mencarelli dà voce al disagio, alle paure, alla voglia di sperimentare tipica della nostra età. Questo, però, è un libro anche per gli adulti che ogni tanto perdono la strada, sommersi dalle cose da fare, dalle scadenze e non si rendono conto che le sicurezze vanno abbandonate per essere ritrovate. Ritengo che questo libro si possa ricollegare anche al tema del viaggio: dopo due anni di pandemia personalmente è cresciuto in me il desiderio di viaggiare ed entrare in contatto con nuove persone per poter arrivare a dire come il giovane protagonista: “stare da soli vuol dire stare con tutti. Ho scoperto che esiste questa possibilità”.
     
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    Sofia si è innamorata del "carattere filosofico del romanzo", e sicuramente nel racconto c'è questa componente, considerando la "filosofia" come arte del vivere, che si impara a poco a poco, attraverso le esperienze e gli errori, come ci insegnano Orazio e Seneca. Mi pare che la pensino cosi anche Matilde e Valentina, che ci propongono entrambe il loro personale "carpe diem": non cercare la felicità a tutti i costi, ma "accoglierla", anche quando non prevista, cogliendola nelle "piccole cose", prima che esse svaniscano, e suscitino in noi la nostalgia che segue la perdita.
    La citazione riportata da Valentina, in particolare, dice:

    "Ma bisogna perderle, e ritrovarle, altrimenti nulla rivelano oltre al grigiore della nostra normalità"

    Mi pare che questa sia una delle chiavi di lettura del romanzo, il cui titolo, forse, significa che la lontananza di coloro che amiamo - la famiglia, per esempio - ce ne rivela l'insostituibile valore, inducendoci a "tornare":

    "Esistono famiglie dove la ricchezza è un vassoio di paste alla domenica, in cui si litiga, certo, ma senza signori a rimproverare i servi, dove il gioco e la tenerezza alla fine vincono sempre.
    Come la mia.
    Tesoro lontano che inizia a mancarmi" (p. 249)

    Ecco: auguro a tutti di noi di vivere in una famiglia come questa...
     
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    “il senso di colpa s’inginocchia davanti alla nostalgia. Ora c’è solo lei nel cuore, sterminata, un’esplosione che mi investe totalmente, è un male che conosco bene, come una belva che si teme sapendo di non poterla addomesticare” (pg. 26)
    Questa è una delle frasi che mi hanno maggiormente colpito siccome legata a un sentimento che ho provato io stessa spesso, ovvero il senso di colpa, e che come Daniele conosco bene. Mi ha fatto riflettere e ho potuto collegarla a diversate situazioni in cui anche io sono stata affiancata da questa “belva” senza essere riuscita ad addomesticarla.
    Questo libro l’ho trovato molto scorrevole e mi ha colpito molto sia perché, in quanto Daniele è un adolescente proprio come noi, affronta tematiche che tutti abbiamo affrontato almeno una volta nella vita. Inoltre mi hanno fatto molto riflettere i vari incontri che ha avuto durante il suo viaggio. Secondo la mia opinione Mencarelli è riuscito a rappresentare in modo quasi impeccabile varie fragilità dell’essere umano come la perdita di una persona cara rappresentata da Alberto o il modo in cui la nostra mente elabora e cerca di affrontare il dolore come Manlio fa con il cibo. È stato interessante seguire il viaggio di Daniele e le scoperte e gli insegnamenti che esso ha portato con sé.
     
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    Alice, Elisa e Laura (Arese, la nostra prof !) si soffermano giustamente sul tema del viaggio, struttura narrativa portante di tutto il romanzo. Alice ne sottolinea il valore di percorso verso la conoscenza di sè, nel senso che le esperienze di Daniele lo renderanno più consapevole dei suoi limiti, ma anche delle sue capacità. A ragione, quindi, Elisa lo definisce un "viaggio di crescita", non solo del personaggio Daniele, ma anche della Lettrice o del Lettore che lo accompagnano.
    Secondo Alice, in questo itinerario Daniele "lascerà" (nel senso che "supererà", "andrà oltre") l'adolescenza: forse sì, ma (come sembra dire la mia collega Laura) l'adolescenza passa, ma non la si dimentica veramente, e un libro come questo ci aiuta a ripensarla, e a ripensare noi stessi...
    Come dice una strofa della canzone "Eskimo" di Guccini:

    "Eppure a volte non mi spiacerebbe
    essere quelli di quei tempi là,
    sarà per avere quindici anni in meno
    o avere tutto per possibilità"

    Gli anni che mi separano dall'adolescenza sono ben più di quindici, ormai, ma ripensare a quell'età, in cui si può "avere tutto per possibilità", mi riempie ancora di nostalgia...
     
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    “Non è normale affezionarsi alle persone così velocemente, non dovrebbe succedere, come non dovrebbero succedere tante altre cose. I morti per strada, i gatti schiantati, il dolore in generale.” (p. 253)

    Ho deciso di iniziare il commento con questa citazione che in poche parole riassume il sugo della storia, quello che per me è il profondo messaggio che l’autore vuole comunicare tramite il viaggio di Daniele. Questo viaggio nonostante venga presentato dall'apparente spensieratezza di un ragazzo di appena diciassette anni, che abbandona la normalità alla ricerca in un'avventura, ci parla in realtà della vita nella sua interezza. Quelle che all’inizio sembrano due lunghissime settimane, più che sufficienti per raggiungere Roma, si rivelano durare poco più che un battito di ciglia. Così pure appaiono quelli che consideriamo i nostri più grandi beni ed ideali: la Vita, unica e irripetibile, si presenta effimera davanti alla grandezza della natura, della storia o quando si trova a doversi confrontare con le infinite altre individualità del mondo; anche l’Amore per Emma, che già sembra destinato all’eternità, si spegne nel giro di pochi freddi attimi in un caldo pomeriggio di metà Agosto, rimarrà eterno solo il ricordo inciso nella poesia che Daniele le dedica.
    In tutto questo viaggiare Daniele incontra moltissime persone ma la più importante di tutte è sicuramente se stesso. Proprio questa parte è ciò che più di tutto mi ha fatto quasi odiare questo libro, un invidia che quasi non riuscivo a sopportare mentre seguivo il mio coetaneo nel suo viaggio verso Roma. Mi sembrava quasi di leggere un libro basato su un mio sogno: poter viaggiare libero, senza degli orari precisi, incontrando sempre gente nuova e visitando città d’arte dal fascino misterioso, quasi spirituale.

    Dante Giordano 5AS
     
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    MARIA PAOLA RIMEDIO 5BL

    "Di questo viaggio resterà una certezza, questo sì. Ho chiesto tanto. E tantissimo ho ricevuto.
    In molti mi hanno aperto la loro casa, mi hanno accolto come un amico offrendomi la sacra intimità delle loro cose. […]
    Di tutto l’aiuto che mi hanno dato, i primi a sorprendersi sono stati loro. Si sono scoperti dentro una generosità che non sapevano d’avere. Perché è così. […] Per scoprire quello che siamo veramente, abbiamo solo una maniera. Farcelo dire dagli altri.
    Accogliere le loro richieste, i bisogni, e nell’aiuto offerto scoprire la nostra reale statura, nostra e del nostro cuore. Questo mi rimarrà, per sempre".
    Questo passaggio tratto da "Sempre tornare" di Mencarelli, emerge il significato di viaggio, visto come tragitto da un luogo verso un altro, ma soprattutto un viaggio introspettivo che il protagonista realizza in se stesso, attraverso la condivisione di momenti e di emozioni con chi incontra nel suo cammino.
    Cosa ci vuole insegnare, in fondo, questo libro? Che tutti noi siamo su questa terra per svolgere il nostro personale viaggio, di cui non abbiamo certezze, non conosciamo il percorso che andremo a fare, non sappiamo chi incontreremo nel nostro cammino, ma in fondo, qualsiasi cosa ci accada è certamente arricchente, stimolante e costituisce un bagaglio di emozioni, di forza, di capacità di adattamento e di responsabilità, che sono ciò che ci definisce agli occhi degli altri, ma soprattutto di noi stessi.
     
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    “Al mio futuro vorrei dare questo nome: viaggio. Perenne, instancabile viaggio”.
    In questa frase mi ci sono rivista dal momento in cui l’ho letta, per la necessità di mettersi fuori dalla propria zona di comfort, vedere e scoprire sempre cose nuove. Credo che questa frase rappresenti a pieno il libro. Nella prima parte viene raccontato un viaggio in cui tutto fila liscio, il protagonista riesce a superare i suoi ostacoli e le sue debolezze per andare avanti. Nella seconda parte le cose si fanno più complicate, il percorso verso una scoperta più profonda di sè stesso affianca il tema del viaggio vero e proprio. La sua voglia di scoprire gli ha arricchito il cuore con bei ricordi, ma anche esperienze che gli hanno fatto aprire gli occhi sul nostro mondo.

    Edited by Gianfranco Bosio - 16/1/2023, 23:10
     
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    Vorrei ritornare sul post di Sara, che si è immedesimata nel senso di colpa provato da Daniele, per mettere in evidenza la radice di questo sentimento. Daniele è ospite nella lussuosa villa dei genitori di Enrico, durante una festa da sogno. Mentre gironzola attraverso l'enorme salone che sembra uscito da una rivista d'arredamento, Daniele resta incantato davanti alle foto della famiglia di Enrico. Fare il confronto con le proprie foto, con la propria famiglia è questione di un attimo, e ne emerge un malessere che "ha un nome preciso":

    "Si chiama senso di colpa.
    Perchè per la prima volta sto desiderando un'altra vita rispetto alla mia, con tutte le mie forze, avere un altro cognome, un'altra storia alle mie spalle, una casa come questa, due genitori come quelli di Enrico.
    Mi sento un traditore, un indegno.
    Perchè so quanta gioia è passata dentro le nostre cose, umili rispetto a queste, quanto felice è stata la nostra vita, e lo è tuttora, dentro una casa grande come metà del salone di Enrico. E la fatica di chi ha reso possibile tutto, dall'atto del concepimento in poi. Mio padre e mia madre. Che nulla hanno ereditato dai loro genitori , men che meno una casa come questa, e che niente lasceranno a noi figli, a parte la loro parabola innamorata dentro il mondo, una stella piantata più alta di tutte" (p. 26)

    Come diceva Valentina, "È la semplicità a rendere la vita speciale e penso che la felicità si trovi nelle piccole cose", e non nella ricchezza e nel benessere ostentato. Daniele, partendo dal desiderio invidioso, arriva a questa consapevolezza, e così il senso di colpa si trasforma nella gratitudine verso i suoi genitori, che, pur con mezzi modesti, sono riusciti a garantire ai loro figli la gioia che Enrico non ha mai conosciuto.
     
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    "Qualcosa nel mio animo non è nel verso giusto. Vengo trascinato via dalle cose che vivo. Per quanto possa fare, prepararmi, i sentimenti mi sovrastano. Vorrei sapermi negare al dolore." (p. 252).
    "Un passato di successi che diventa una maledizione.
    Vittorie su vittorie che si trasformano nella sconfitta di una vita.
    Cosa mi devo augurare per il mio futuro?
    In fondo, forse, conviene il fallimento. Il traguardo irraggiungibile che resta come sogno da realizzare, rincorrere, fino alla fine dei giorni.
    Oppure il vero trionfo abita altrove, poco importa perdere o vincere.
    Dare al cuore in pasto tutto.
    Forse, solo questo conta." (p. 233).
    "O morirò io o morirà il dolore che mi ha divorato gli occhi" (p. 204).
    "Lei dice che devo reagire, e ha ragione, ma io non ci riesco, uno fa progetti, una vita assieme, i sogni, i figli, poi arriva un mal di testa e ti accorgi che non vale più niente, tutto uno scherzo, la vita, i sacrifici, e tu sei il cretino che c'ha creduto, come i bambini che giocano con le costruzioni e pensano veramente che quello che stanno costruendo sia un castello, e loro i padroni" (p. 88)

    Sono stata piacevolmente sorpresa da questa lettura. Inizialmente avevo basse aspettative, pensavo sarebbe stata noiosa e lenta, invece l'ho letteralmente divorata. E il motivo credo sia che tutti noi siamo riusciti a cogliere al suo interno sfumature della nostra adolescenza, un'età difficile in cui ci sentiamo perennemente incompresi e sottovalutati: ecco, questo romanzo mi ha fatta sentire capita, parte di un gruppo di individui costantemente giudicati dai più grandi come immaturi o egoisti. Ho apprezzato da morire la vicinanza con il protagonista (che spesso in molti romanzi si finisce per odiare), per non parlare della scrittura.
    C'é poi un evidente spunto alla riflessione su questo viaggio attraverso il centro Italia, come il viaggio che Daniele deve affrontare come adolescente alla scoperta della vita vera, che non è tutta rose e fiori, vivendo nel lusso come Enrico, da soli in campagna con il padre come Emma o convivendo felicemente come Gianni e Cécile, ma dietro a delle gioiose e raggianti facciate si nasconde la sensazione di non sentirsi al proprio posto, la mancanza di una madre, abusi domestici e chi più ne ha più ne metta. E qui Daniele affronta la vita andando incontro a problemi di ogni tipo.
    Sono significative le metafore al non voler utilizzare treni o altri mezzi pubblici, come ad indicare che il protagonista non vuole usufruire di scorciatoie, vuole raggiungere il suo obiettivo con le proprie forze; o al "sempre tornare", il titolo, che racchiude (almeno per me) l'avere un fine, uno scopo, che cerchiamo di raggiungere vivendo ogni giorno.
    Attraverso questo percorso, Mencarelli vuole farci riflettere su quante cose noi diamo per scontate, a partire dai beni materiali, ma anche quando ci fermiamo alla prima apparenza, che a noi risulta limpida (""sono molto ricchi, quindi vivono serenamente""), ma che nel profondo nasconde qualcosa di ben più grande, spesso e volentieri più di noi, e quanto possiamo sentirci insignificanti davanti ad esso, come quando Daniele ha provato a calmare la fame compulsiva di Manlio inutilmente, poiché "non sono di certo le poche ore passate assieme a poter cambiare il presente di un individuo. Quelli si chiamano miracoli."

    p.s.: tendo, ad ogni lettura, ad associare una canzone al libro che sto leggendo, in questo caso è Chamber of Reflection (live cover)


    Bechis Sara 3^ASU
     
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    Il romanzo Sempre tornare di Daniele Mencarelli racconta il percorso, sia fisico che psicologico, di Daniele: un ragazzo che a diciassette anni si ritrova a fare i conti con se stesso. La frase che più mi è rimasta impressa si trova nella prime pagine del libro e recita «Mio padre mi dice che essere adulti vuol dire saper mediare, saper vivere nei grigi, perché non ci può essere solo bianco e nero. Avrà le sue ragioni. Ma su un punto sbaglia di certo.
    Perché tra Tutto e Niente non può esistere una terra di mezzo.
    Non può esistere grigio. Io, ogni cosa, non abbiamo compromessi possibili». Sono rimasta colpita da queste parole perché credo che sintetizzino al meglio il significato del libro che, appunto, ruota attorno al viaggio per scoprire se stessi. Tante volte noi adolescenti ci siamo sentiti dire di dover imparare a mediare, l’unico problema è che sentiamo tutto troppo forte e ogni emozione per noi è un’esplosione di colori, in cui di sicuro manca la tonalità del grigio.

    Gaia Sestu 5ªB Scientifico
     
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    Sempre tornare di Daniele Mencarelli è il racconto-diario di un giovane diciassettenne che per due settimane va dalla riviera romagnola a Roma in autostop. Un viaggio ricco di sorprese, avventure, scoperte, incontri, tra malinconia e bellezza, tra difficoltà e scoperte. Mi è piaciuto molto come ogni spazio, ogni volto e ogni situazione facciano venire a galla una domanda, una riflessione. Inoltre attraverso questo viaggio il protagonista si mette in discussione e impara a reagire all'imprevedibilità della vita lasciando andare e buttandosi alle spalle determinati avvenimenti dolorosi per superarli e pensare al futuro.

    Gastaldi Maria, 4 A scienze umane
     
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    “Anche lui, come Alberto ed Emma, è alle prese con quello che mi perseguita da sempre. Il dolore avverato. La perdita fatta realtà. C’è chi si consuma nell’attesa, come nel mio caso, e chi alla prova è sottoposto veramente, e sopporta, vive l’assenza per come possono gli umani. Resiste”. Riporto questa citazione perché mi ha colpito molto. Molte volte si ha paura di perdere qualcosa, ma ciò può portare a qualcos’altro, anche bello, come è successo al protagonista. Per questo motivo bisogna osare perdere e cambiare la propria vita.

    Valeria Filippi 5bsc
     
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    GAZZERA VITTORIA, 4A SCIENZE UMANE
    Sempre tornare è stato un libro diverso dal solito da leggere perché all’interno vi ho trovato diversi momenti e sensazioni in cui ogni persona si può rispecchiare. Con la storia di Daniele si riesce a riconoscere la bellezza della vita, le innumerevoli sensazioni ed emozioni che si possono provare quando si viene messi alla prova. Ho trovato questo libro un modo per spiegare come ogni tanto bisogni sopravvivere alla vita non soltanto fisicamente, ma anche emotivamente passando oltre le difficoltà e le cose che possono non piacere, l’ho trovato un po’ come un cammino in cui si passa dalla giovinezza all’età adulta
     
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