"Sempre tornare"

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    Il nostro dialogo sta decollando: ringrazio Lettrici e Lettori, che con i loro commenti "creativi" collaborano alla costruzione dei significati e dei messaggi del romanzo. Grazie anche a chi, come Miriam e Sara, condividono suggerimenti musicali e cinematografici connessi con l'argomento del libro.

    Gli ultimi commenti insistono quasi tutti sul tema del viaggio. Elena e Maria Paola ne sottolineano la caratteristica di movimento fisico, prima, e di movimento interiore, di scoperta di sè, in un secondo momento; per Maria Paola il messaggio del libro è "che tutti noi siamo su questa terra per svolgere il nostro personale viaggio, di cui non abbiamo certezze", nè sul percorso, né sugli incontri che faremo. E se Martina, ieri, ci ha ricordato che "L’autostop non è molto diverso dalla vita", Dante (Giordano, non Alighieri!) precisa che il romanzo di Mencarelli non racconta solo un viaggio, ma "la vita nella sua interezza"; la vita ci offre sorprese e avventura, ma anche (man mano che la si vive) una malinconica consapevolezza: "la Vita, unica e irripetibile, si presenta effimera davanti alla grandezza della natura, della storia o quando si trova a doversi confrontare con le infinite altre individualità del mondo; anche l’Amore per Emma, che già sembra destinato all’eternità, si spegne nel giro di pochi freddi attimi in un caldo pomeriggio di metà Agosto, rimarrà eterno solo il ricordo inciso nella poesia che Daniele le dedica".
    Daniele, così, si inserisce nella grande tradizione poetica, da Orazio a Foscolo, che individua nella poesia il mezzo per rendere eterna la vita umana, altrimenti destinata a perire per sempre.

    A Emma

    Guardarti è domandare
    arriverò un giorno non lontano
    al significato del tuo corpo
    cosa ci faccia davvero al mondo
    perchè la nuda bellezza che sei
    metta il cuore sempre in viaggio
    verso un dove senza nome,
    ma è muta la tua pelle
    chiede con la forza dei vulcani
    senza dare risposte in cambio,
    tu inconsapevole di tutto
    non sai a quale potenza corrisponda
    il tuo naso stellato di lentiggini
    e quanto stanco arrivi all'alba
    da tanto guardarti e domandare.
     
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    “Sempre tornare” è un libro che racconta di un viaggio bellissimo, ma anche difficile, che un diciassettenne decide di intraprendere da solo. Daniele inizia il suo percorso in autostop, pieno di paura e di voglia di scoprire se stesso e il mondo. Parte alla ricerca di qualcosa: la voglia di lasciare andare e non pensare più al mondo che ha dentro. Il messaggio che, a mio parere, è il più bello e significativo è che, proprio come dice il titolo, alla fine sempre si torna, si ha sempre la necessità di andare via, di “cambiare aria”, ma che poi, proprio questo bisogno, si tramuta nel desiderio di ritornare a casa.
     
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    Personalmente, considero tale libro molto interessante, arricchente a livello personale e, soprattutto, adatto allo sviluppo di svariate riflessioni. Tra quest’ultime, vorrei soffermarmi su una in particolare, ovvero la concezione di vita che emerge dal curioso viaggio di Daniele: credo che la citazione “L’autostop non è molto diverso dalla vita. Bisogna guardare negli occhi tutto, con attenzione, dedizione. Sapendo che qualcosa comunque sfugge. Sempre. Non siamo padroni di niente, di nessuno. Non lo siamo di noi stessi. Figuriamoci delle macchine che passano, senza fermarsi” riassuma tale idea. Si paragona la vita al gesto dell’autostop: la vita è come un viaggio di cui non si può mai prestabilire la destinazione e con tappe sempre diverse, quindi con esperienze sempre inedite, come quelle vissute dal protagonista. Nonostante tutti gli sforzi, l’impossibilità di decidere la meta, dunque, non fa che dimostrare come l’esistenza sia facilmente mutevole, apportando alla persona cambiamenti e consapevolezze sempre nuove.

    Alice Daniele 5AL
     
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    Ho trovato il libro particolarmente adatto a noi adolescenti poiché descrive la voglia di sperimentare e il senso di indipendenza tipico della nostra età. Durante questa fase della crescita, infatti, molti ragazzi desiderano staccarsi dalla realtà per intraprendere proprio un viaggio alla riscoperta di se stessi, come quello compiuto dal protagonista Daniele.
    Il libro è molto coinvolgente anche grazie allo stile utilizzato dall’autore, semplice e diretto: l'utilizzo dei dialoghi, infatti, intrattiene il lettore e lo immedesimano nella storia
     
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    Alice Valentino 5b scientifico

    Il viaggio di Daniele è un viaggio imprevedibile che gli permette però di affrontare se stesso mettendosi in gioco fisicamente, ma soprattutto moralmente. Credo che sia un viaggio che tutti i ragazzi compiono interiormente durante la loro vita quando dall’adolescenza si passa all’età adulta: si parte da essere persone sprovvedute e si arriva a trovare la propria responsabilità.
    Leggendo questo libro si impara, a mio parere, l’importanza di lasciar andare ciò che ormai è passato, bello, brutto o doloroso che sia; quando sembra andare tutto a gonfie vele, può succedere n qualcosa di inaspettato che cambia la tua strada e si raggiunge una meta diversa da quello che ci eravamo programmati proprio perché purtroppo non siamo in grado di governare nulla neanche la nostra vita.
     
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    Andrea Mascarello 5^B scientifico

    "Spesso non è questione di male, o bene. Ci sono le incomprensioni, gli egoismi, i silenzi"
    Questa frase mi ha fatto riflettere , spesso ci soffermiamo poco sulle cose, ci accontentiamo di ciò che vediamo e non ci interessa o non abbiamo tempo di approfondire. Questa cosa porta alla distruzione di rapporti e soprattutto quando si vengono a sapere la verità non si è in grado di affrontarla con occhio critico ma con la rabbia di qualcuno a cui è stato mentito.
    Daniele, un ragazzo di 17, durante il suo viaggio non si è fermato alla superficie ha cercato di scavare, capire ed imparare ad ogni incontro qualcosa sfruttando questa sua esperienza al massimo.

    Edited by Gianfranco Bosio - 17/1/2023, 21:10
     
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    Fino alla fine del suo viaggio Daniele incontra persone che finiscono inevitabilmente per raccontare qualcosa di sé. Tutte loro sono estremamente infelici, prigioniere della loro vita, da cui da tempo hanno smesso di provare ad evadere. Non solo, molte fanno affidamento a delle valvole di sfogo, delle vere e proprie dipendenze, per non affrontare il proprio dolore, il che spesso risulta in un disperato tentativo di autodistruzione. Mai Daniele individua questo disagio al primo sguardo, perché esse sono molto brave a mascherarlo con un modello di sé costruito quasi ad arte, ma che ovviamente è destinato a venir meno. Ecco, tutte queste sofferenze, in un certo senso si somigliano, perché sono causate da un fattore esterno. Anche Daniele patisce, ma il suo è innegabilmente un tipo di dolore diverso: viene da dentro. Non credo sia stato un caso che l’autore abbia inserito nelle riflessioni del protagonista così tanti riferimenti alla sua nascita (come il già citato “Non è colpa mia se ogni gesto, sentimento, respiro, mi chiede da che parte stare, perché in tutto vive una battaglia, la stessa che mi porto nel cuore dal giorno in cui mi tolsero dal ventre di mia madre”), che sono la conferma della sua esistenzialità. Daniele infatti non lo ammette mai quando fa queste lunge divagazioni a inizio e fine capitoli, ma il suo male, che lui chiama “nostalgia”, è la depressione (se non fosse quello, sarebbe senz’altro stato eccessivo lo slancio con cui descrive le proprie riflessioni).

    La figura di Emma poi, se la si considera sotto quest’ottica, assume un forte significato simbolico. Infatti, il romanzo parte con un Daniele molto più cupo, che sente il bisogno di partire, pertanto sono sprecate nei primi capitoli le parentesi su questo punto (anche soprattutto volte alla caratterizzazione psicologica), ma il personaggio della ragazza viene introdotto quasi subito (un quarto circa del libro) e da lì il tono del romanzo cambia di molto, si “ingentilisce”, nel vero senso del termine. Infatti, spero non me ne vorrete se il paragone sembrerà esagerato, mi è sembrato di scorgere chiari riferimenti Stilnovistici nella relazione tra i due. Daniele si innamora a prima vista, folgorato dalla sua bellezza e da lì lui comincia ad idealizzarla (“in lei ogni virtù è diventata carne. Si è fatta viso”), cercando una dimensione atemporale (“Emma, davanti a me, alle spalle una vita d’amore trascorsa insieme, di fronte un futuro fatto di eternità” e “Perché questo pomeriggio è dovuto finire? Perché Dio non lo ha fatto durare per sempre? Un sempre senza tempo. Io e lei. In una pace di vita e carne, senza morte, senza dolore.”). Salvifica è dunque l’influenza che Emma ha su di lui. Non è poi un caso che i sentimenti di Daniele rimangano inespressi (almeno fino al ricongiungimento inaspettato alla fine, quando l’illusione è ormai infranta), il suo amore inconsumato, la poesia da lui scritta unica testimone del suo sgomento interiore.

    Un ultimo punto di apprezzamento: che non parlasse della nostra generazione. Mi spiego meglio, a volte i romanzi di formazione sono ambientanti nel presente (magari per aumentare il senso di immedesimazione nel giovane lettore), cosa che reputo tendenzialmente controproducente, perché credo sia impossibile per uno scrittore non parlare soprattutto di sé stesso, del suo vissuto, quindi in fin dei conti spesso si finisce per delineare un’immagine della generazione di cui facciamo parte come è percepita dall’esterno, da un adulto. Invece nel romanzo la componente autobiografica è fortissima, tant’è che perdono allo scrittore la scelta del protagonista romano studente di liceo classico, probabilmente tra i cliché più ricorrenti nella narrativa di formazione italiana.
     
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    “È incredibile come le piccole cose, quelle che appartengono alle nostre abitudini, possano nascondere tanta soddisfazione. Ma bisogna perderle, e ritrovarle, altrimenti nulla rivelano oltre il grigiore della nostra normalità.” Questa frase è stata quella che mi è rimasta impressa maggiormente di questo libro. Daniele è un ragazzo “normale”, ha una casa in cui vivere, va a scuola, ha una famiglia e degli amici che gli vogliono bene. Nonostante ciò, sente il bisogno di mettersi in viaggio, abbandonare la quotidianità, sfidare e riscoprire sé stesso.
    All’inizio del suo viaggio tutto procedeva bene, ma andando avanti Daniele ha dovuto superare tantissime difficoltà e sopportare la mancanza di necessità come la fame, la sete e la stanchezza, sforzandosi di chiedere aiuto e sconfiggendo la vergogna. Vivere e stare a contatto con persone diverse quasi ogni giorno, gli ha permesso di capire e osservare come certe persone passano il loro tempo e spesso, ha provato un sentimento di invidia per ciò che gli altri avevano, ma la maggior parte delle volte si è sentito riconoscente di quello che aveva, e non solo delle cose materiali, ma anche delle persone che erano al suo fianco nella vita di tutti i giorni. Una vita imprevedibile, ma che gli ha insegnato ad apprezzare le piccole cose, come i gesti quotidiani che anche se a noi possono sembrare banali, c’è gente che farebbe qualsiasi cosa per raggiungerli. Durante queste due settimane, Daniele ha perso quelle piccole cose che appartenevano alle sue abitudini e a cui non dava molto valore, ma questo viaggio gli ha permesso di ritrovarle e apprezzarle con gratitudine, sperimentando nuove esperienze che l’hanno fatto crescere e maturare.
     
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    Il ritorno a casa in autostop è per Daniele un viaggio alla ricerca di sé stessi, un percorso di crescita personale infatti i personaggi che incontra lo arricchiscono sotto tutti i punti di vista. Ma è anche lui ad aiutare le persone che gli offrono una cena, un tetto sotto cui dormire o un passaggio; lo fa semplicemente ascoltando le loro storie travagliate e dolorose.

    La serata alla discoteca Cocoricò è la goccia che fa traboccare il vaso: ormai non può più nascondere e ignorare l’inquietudine che incombe su di lui da tanto tempo ed è il mostro che lo mangia da dentro.

    Daniele è un ragazzo molto sensibile che fa proprie le sofferenze delle altre persone, le interiorizza assorbendo il loro malessere; inoltre riflette molto sul mondo che lo circonda: sul dolore, sul tempo, sul destino… e trova nella poesia un’eccellente valvola di sfogo. Sono molte le frasi che meriterebbero di essere citate, ma tra quelle che mi hanno colpito di più vi sono:

    “Viviamo dentro vite inscatolate, quando fuori, in mano alla libertà, ci è concesso questo. Fare di ogni giorno una festa di incontri, di luoghi mai visti, di sconosciuti con cui ti metti a tavola come lo facessi da sempre”

    “Sarebbe tutto perfetto. Se non avessi dentro questa inquietudine che non vuole fare altro che masticare terra, sfrenata.”

    Anna Milanesio, 4^B SU
     
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    Valeria riporta la citazione sul “dolore avverato”, cioè sulla sofferenza che si concretizza nella vita di un essere vivente, nel caso specifico, di Veleno, l’inquietante allevatore di Città di Castello, a cui è morta la moglie tre mesi prima: “la perdita fatta realtà”, insomma. Di fronte a situazioni come questa Valeria, ma anche Maria e Vittoria, invitano a sforzarsi di andare oltre, buttandosi alle spalle gli eventi negativi, per guardare al futuro.
    Leggendo questi commenti, ho misurato la distanza che intercorre tra me e voi, giovani studentesse, che non è solo anagrafica ma anche emotiva. Penso che di fronte ad una perdita come questa neanch’io (come Veleno, o come Alberto) riuscirei a seguire il vostro consiglio, a passare oltre. Credo che la mia reazione sarebbe quella citata da Sara, che riporta proprio le parole di Alberto, il padre di Emma:

    "Lei dice che devo reagire, e ha ragione, ma io non ci riesco, uno fa progetti, una vita assieme, i sogni, i figli, poi arriva un mal di testa e ti accorgi che non vale più niente, tutto uno scherzo, la vita, i sacrifici, e tu sei il cretino che c'ha creduto, come i bambini che giocano con le costruzioni e pensano veramente che quello che stanno costruendo sia un castello, e loro i padroni" (p. 88)

    “Ma cosa dire a un uomo, un adulto, di fronte a un dolore simile?
    Vorrei dirgli tutto quello che non si può dire.
    Parole certe. Giuramenti che si mantengono.
    Vorrei mettergli sul palmo della mano la prova che non è tutto uno scherzo, che il dolore verrà medicato.
    I morti torneranno in vita. Sua moglie, il suo amore scomparso.
    Ma questo non ci è concesso” (p. 89)
     
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    Ieri ho scritto che leggendo i vostri commenti, giovani Lettrici e Lettori, mi capita talvolta di misurare la distanza anagrafica che mi separa da voi. Mi è successo anche riflettendo sul post di Gaia, che riporta questa "sua" citazione:

    "Mio padre mi dice che essere adulti vuol dire saper mediare, saper vivere nei grigi, perché non ci può essere solo bianco e nero. Avrà le sue ragioni. Ma su un punto sbaglia di certo.
    Perché tra Tutto e Niente non può esistere una terra di mezzo"

    Questa citazione me ne ricorda un'altra, a p. 174:

    "Nessuna lotta da combattere. Nessun valore da difendere.
    aspettare soltanto che il fuoco si spenga.
    Forse diventare adulti è proprio questo.
    Evitare le battaglie inutili, perse in partenza.
    Io non so se ce la farò mai."

    Mi sembra che in queste due frasi Daniele denunci un atteggiamento di noi adulti, che talvolta, mettendo in campo la prudenza, il buon senso, l'equilibrio, cerchiamo di insegnare ai giovani l'arte del compromesso, la strategia di evitare le battaglie di principio (o è bianco, o è nero) quando si può arrivare ad un compromesso, seppur "grigio". Certamente la mediazione equilibrata è uno strumento importante nella soluzione dei conflitti, e noi adulti abbiamo il dovere di insegnare ad evitare sterili o pericolose contrapposizioni, ma nel campo dei valori dovremmo cercare di non spegnere l'entusiasmo dei giovani, il loro desiderio di impegnarsi per un'idea, di lottare per la sua realizzazione.
    Ma forse questo vale anche per noi "grandi": sarebbe triste se l'età adulta si riducesse ad "aspettare soltanto che il fuoco si spenga".
     
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    Geraci Federica cl. 4^A.U.

    Credo che “Sempre tornare” sia, al tempo stesso, un romanzo di formazione che un romanzo di viaggio.
    In maniera intuitiva, è possibile definirlo un romanzo di viaggio perché il protagonista, Daniele di diciassette anni, decide di abbandonare il gruppo di amici, con cui sta trascorrendo la sua prima vacanza senza genitori, e di continuare il viaggio a piedi, da solo, dalla Riviera Romagnola in direzione Roma. Tuttavia, lo ritengo anche un romanzo di formazione proprio perché il protagonista, mettendosi in cammino, è costretto a sconfiggere la propria timidezza per chiedere aiuto, lungo il tragitto, alle persone che incontra. Daniele si è specchiato negli occhi di quest’ultime di cui prima ignorava l’esistenza, ma che poi sono diventate importanti, a tal punto che riesce a incontrare sé stesso. Proprio per questo, mi sento di dire che il protagonista, come spesso accade a tutti noi, trova il senso della vita nelle scelte più irrazionali!
    Mi sono ritrovata molto in Daniele, soprattutto dal punto di vista dell’empatia: il nostro protagonista ha un empatia smisurata nei confronti delle vite degli altri personaggi, tant’è che la vede come una vera e propria condanna, poiché lo costringe a addossarsi tanto dolore che non gli appartiene. Questo mi porta a riflettere sul fatto che, così come me, Daniele e moltissime altre persone, dovremmo imparare ad apprezzare questo dono, piuttosto che screditarlo, poiché, se gestito bene, è la chiave di accesso ai sentimenti ed agli stati d’animo e dunque sia al proprio mondo che a quello degli altri.
     
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    "Non farmi vivere di passato ,senza un grammo di presente ,incapace di cogliere il dolore degli altri ,semplicemente perchè imprigionato dentro il mio."(227)
    Per quanto il nostro passato sia importante, credo sia necessario saper guardare il presente e viverlo, senza essere ostacolati dai ricordi .
    Sempre tornare è un libro coinvolgente e molto scorrevole, da cui si traggono molti insegnamenti ,uno dei principali per me è stato capire che la vera libertà a volte dobbiamo costruircela ,distaccandoci da ciò che ci circonda.
     
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    Di "Sempre tornare" mi è piaciuta l'impostazione autobiografica di Daniele, protagonista insieme alle sue sicurezze di un viaggio complesso e non programmato, e la rappresentazione a tutto tondo di una società molto diversa, in certi aspetti, a quella di oggi (l'autostop, l'assenza di un telefono che isola Daniele dalla famiglia), ma allo stesso tempo identica e ferma nel tempo in altri aspetti(le paure del protagonista, le insicurezze).

    Leggendo pagina per pagina ho notato due aspetti che mi hanno interessato particolarmente.
    Il primo è la somiglianza notevole con un altro romanzo, basato anch'esso sull'autostop: On the road di Jack Kerouak, in cui l'autore stesso e un suo amico attraversano più volte il continente americano, affrontando mille avventure e sopravvivendo con mezzi di fortuna.
    Il secondo aspetto è la conoscenza, sempre più approfondita, degli esseri umani e della vita, spesso triste e frustrante, che Daniele apprende durante il suo viaggio. Si può notare che all'inizio Daniele incontra persone molto gentili e disposte ad aiutarlo, mentre piano piano che procede il viaggio giunge a conoscere l'intera società umana: il postino che odia il suo lavoro e mangia per consolarsi e dei ragazzi ladri bruciati dall'eroina, ad esempio. Il viaggio di Daniele si rivela, dunque, una occasione per comprendere entrambe le facce della medaglia della vita.
     
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    Giulia, Alice D., Martina, Alice V. ritornano sul tema del viaggio, al quale abbiamo attribuito il significato metaforico della vita: come un viaggio in autostop, la vita è imprevedibile, talvolta ingovernabile o dolorosa, ma proprio attraverso gli ostacoli ci offre la possibilità di crescere, di scoprire noi stessi, di maturare, di passare dall'adolescenza all'età adulta. Questo è il tema del libro che offre le maggiori possibilità di immedesimazione per un giovane, e se l'autore leggesse i vostri commenti, sarebbe soddisfatto per il gran numero di Lettrici e Lettori che dichiarano di essersi immedesimati nell'avventura di Daniele.

    Anche Andrea ritorna sul tema del viaggio, sottolineando in particolare gli incontri che lo hanno caratterizzato, e che Daniele ha vissuto con un atteggiamento che rivela la serietà con cui affronta la vita: "non si è fermato alla superficie" ma "ha cercato di scavare, capire ed imparare ad ogni incontro".
    Sugli incontri di Daniele si sofferma anche Francesca "Fino alla fine del suo viaggio Daniele incontra persone che finiscono inevitabilmente per raccontare qualcosa di sé. Tutte loro sono estremamente infelici, prigioniere della loro vita, da cui da tempo hanno smesso di provare ad evadere".

    Prendendo spunto da questi commenti, propongo un gioco, che, come tutti i giochi ben fatti, non esclude la serietà: proviamo ad abbinare al nome di ogni persona incontrata da Daniele una parola che secondo noi la caratterizzi o ne riassuma la situazione?
    Ecco l'elenco:
    Enrico, Annamaria, Lucio, Alberto ed Emma, Veleno, Carlo, Emilio, Lelio, la coppia con i gattini, Gianni e Cécile, Agata, Amin, Manlio.
    Si può scegliere... Proviamo? Annamaria: la durezza.
     
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