"Sempre tornare"

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    “La schiena già comincia a lamentarsi. Per capire quanto sia duro un pavimento ci si deve dormire almeno una volta. Altrimenti è impossibile. A pensarci, tutto risponde a questa regola. Prendiamo il mio viaggio, per anni la vita mi è sembrata tutta in salita, contro dei nemici impossibili da sfidare, figuriamoci battere, a partire dalla timidezza. Invece adesso so di potercela fare, da solo con le mie forze, ad affrontare tutte le prove che mi capiteranno. Ora so di cosa sono capace.” (pag. 157)

    In questo viaggio Daniele, ogni giorno e ogni notte, ha imparato qualcosa dalle sue esperienze ed è diventato più consapevole.
    All’inizio lui parte con una valigia pesante, piena di oggetti, alcuni di essi mai usati (come il costume da bagno che aveva ancora l’etichetta attaccata), ma durante il suo cammino inizia lentamente a liberarsi di ciò che porta con sé, fino ad arrivare a buttare direttamente la valigia. Trovo che questo gesto abbia un forte significato simbolico, poiché spiega al lettore come questo viaggio abbia aiutato Daniele a liberarsi della sua “valigia” interiore, che conteneva le sue paure e soprattutto la sua enorme timidezza. Durante il suo percorso di crescita, spiega le sue emozioni con un linguaggio semplice, coinvolgente e chiaro, a tratti anche poetico, che aiuta sicuramente ad apprezzare la storia e a voler continuare la lettura.
    Bellissimo libro!
    Beatrice Ornato 3BS
     
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    Leggendo questo libro "Sempre tornare" di Daniele Mencarelli mi hanno colpito diverse frasi che vorrei condividere.
    "Di nostalgia si muore, almeno io"
    Questa frase significa molto per me, perché sono una persona molto nostalgica e malinconica e questo è un sentimento importante, perché è legato a tanti ricordi, ma allo stesso tempo molto doloroso.
    "Un assaggio di nostalgia. Se l'assaggio ha questa ferocia non riesco a immaginare il primo piatto. Un'opera d'arte di puro masochismo"
    Sempre collegato al tema della nostalgia, la situazione descritta è tanto dolorosa quanto la nostalgia stessa, perché la paura del sentimento è tanto infelice quanto l'attuale sofferenza e il prevedere quanto staremo male per una situazione, ci rende più timorosi e ci dará più dolore in futuro.
    "Perché mi ritrovo a scavare dentro le cose, le persone? Vorrei essere leggero. Dovrei volare sulle cose senza peso, invece mi ritrovo questa maledizione in seno, a dover scavare a mani nude."
    Spesso mi è capitato di sentirmi oppressa da situazioni che per me sono difficili e ho avuto la sensazione di provare tante emozioni insieme e tutte molto intense, forse addirittura troppe per una ragazza di sedici anni e anche in questo condivido i sentimenti del protagonista.
    L'ultima frase è invece "Dobbiamo come equilibristi, vivere abbracciati a precipizi"
    Penso sia una frase che descrive perfettamente la vita, che è inaspettata e che non smette mai di sorprenderci e che è anche molto accurata riguardo al viaggio che intraprende il protagonista in auto stop: un viaggio rischioso, ma che può nascondere sorprese positive e negative.
    Elisabetta Ferrero 3AL
     
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    Sono stata molto contenta di aver incontrato nuovamente il personaggio di Daniele in questo libro: ho ritrovato nelle sue pagine le emozioni già vissute lo scorso anno ed è stato molto interessante tornare indietro nella sua storia. Ho trovato un Daniele non troppo diverso da quello di "Tutto chiede salvezza": sì, magari non sarà ancora caduto nel vortice delle dipendenze, come Emma, ma quella sensibilità che lo caratterizza, dono e condanna, è sempre la stessa.

    "Sfogliando" le pagine del forum ho letto molti commenti che riguardano il tema della famiglia, il filo rosso che più ho amato in questo romanzo e per questo aggiungo anche io una citazione che ho particolarmente apprezzato (pagine 260 e 261):
    "Davanti a lui tocco con mano il mio tesoro.
    Lo vedo ancora meglio.
    Io non sono solo.
    Le persone che ho attorno mi dimostrano il loro amore a partire dalla libertà che mi hanno sempre concesso. Anche di fronte agli errori, sicuri, macroscopici, che stavo per compiere. Mi hanno proposto una via, ma non me l'hanno mai imposta."
    La citazione si riferisce a Manlio, uno dei personaggi, insieme ad Agata e Amin, che mi ha toccato maggiormente, probabilmente per l'attualità del suo disturbo alimentare, spesso ignorato nelle sue vittime maschili. Ringrazio Manlio perché incontrarlo ha permesso a Daniele, e attraverso di lui anche a me, di riflettere sulla libertà che ci viene concessa nelle nostre famiglie e su come non sia scontata.

    "Di tutto l'aiuto che mi hanno dato, i primi a sorprendersi sono stati loro. Si sono scoperti dentro una generosità che non sapevano d'avere. Perché è così. Io come ogni essere umano, siamo qualcosa di diverso, spesso più grande, rispetto al racconto che ci facciamo di noi stessi. Per scoprire quello che siamo veramente, abbiamo solo una maniera.
    Farcelo dire dagli altri.
    Accogliere le loro richieste, i bisogni, e nell'aiuto offerto scoprire la nostra reale statura, nostra e del nostro cuore.
    Questo mi rimarrà, per sempre." (Pagina 308)
    Giunto quasi al termine del suo viaggio Daniele ha l'opportunità di riflettere su tutto l'aiuto che gli è stato offerto, che, devo ammettere, ha stupito anche me. Mi trovo anche molto d'accordo con la sua riflessione riguardo l'opinione che abbiamo di noi stessi: quante volte capita di essere così tanto presi dalla quotidianità da non sapersi descrivere con qualche parola, e di rimanere invece stupiti da come gli altri riescano a descriverci perfettamente con qualche semplice aggettivo? In questo caso, poi, la situazione è ancora più complessa: decine di persone si sono ritrovate a compiere enormi gesti di gentilezza nei confronti di uno sconosciuto, aprendosi e scoprendosi individui decisamente migliori di quelli che si aspettavano di essere (a parte Agata ovviamente).

    Colgo il suo invito, prof, e provo a descrivere Amin con una sola parola, che potrebbe apparire scontata e forse un po' troppo semplice: BUONO.

    Inoltre, rincontrare e approfondire il personaggio di Daniele è stato così interessante che ho da poco cominciato la lettura di un altro romanzo dello stesso autore che ha sempre lui come protagonista: "La casa degli sguardi". Questa volta i fatti narrati sono successivi al TSO, e raccontano di una nuova dipendenza, quella dall'alcool, e di come un'opportunità lavorativa lo stia piano piano aiutando...
     
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    Il romanzo Sempre tornare di Daniele Mencarelli racconta il percorso di un addolescente che viene presentato inizialmente come un ragazzo sprovveduto senza soldi e documenti, per arrivare ad un personaggio consapevole della propria vita.

    Una frase che mi è ha fatto riflettere molto è: “I piani che si costruiscono con tanta cura e fantasia sono fatti per essere stravolti dagli eventi. Basta pochissimo”. Sono stata colpita da queste parole perché credo che si soffermi su di un aspetto difficile da accettare da molti di noi. Non è facile lasciar andare determinate cose o buttarsi alle spalle un evento doloroso. La nostra vita è come un libro, letta una pagina, bisogna passare a quella dopo. Solamente superando le delusioni, si può ricreare e rincorrere un altro obiettivo, e goderci i momenti felici della nostra vita. A questo proposito un’altra frase che mi è piaciuta è: “La felicità è un lampo. Chiede di essere vissuta, non misurata. Se ti metti lì con il metro o la bilancia sei destinato al fallimento”.

    Francesca Lasagna, 5^BS
     
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    Sempre tornare è un viaggio fisico, in autostop verso casa, ed emotivo. Sono tanti i volti che Daniele incontra in questo viaggio, alcuni vengono incrociati solo per qualche minuto, altri sono destinati a rimanere impressi molto più a lungo. Egli non si limita ad incontrare le persone ma vive le loro sofferenze e le riporta al lettore. L’amore come motore della vita, come posto sicuro, come la nostra casa, è il concetto che più volte viene espresso all'interno del romanzo.

    Giulia Ellena 4B Scienze Umane
     
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    Durante la lettura del libro "Sempre tornare " ha subito destato la mia attenzione la profondità di alcuni ragionamenti e pensieri di Daniele e forse più di tutti mi ha colpito la frase " Io sono qui perché devo capire. Non posso più fare finta di niente". Con questa affermazione il protagonista ammette apertamente di aver bisogno di far chiarezza nella sua vita, di volersi mettere in gioco rifiutando tutte le certezze e le comodità e di aver la necessità di compiere quello che si rivela essere ben più che un viaggio fisico, bensì una costante riflessione su quello che lo circonda. Man mano che il viaggio procede Daniele entra in contatto con le realtà più disparate e cerca di carpire ogni minimo particolare di ciascuna di queste.
    Con ognuna delle persone che incontra Daniele acquista un nuovo modo di vedere il mondo per poi ritrovarsi alla fine del suo viaggio con una nuova consapevolezza di sé.
    Il personaggio che mi è rimasto maggiormente impresso tra tutti quelli incontrati da Daniele è Alberto e proverei a descriverlo come disilluso, poiché avendo dovuto assistere a tanto dolore non ha più le forze e la voglia di reagire e soprattutto, a differenza della figlia, non guarda più alla vita con occhi pieni di speranza.

    Sophia Held 3AS
     
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    La frase che più mi ha colpita del libro è "anche a sorridere te lo devono insegnare" e mi ha portata a riflettere su di essa.
    Vediamo molto spesso le persone sorridere, in qualsiasi momento della nostra vita, ma la maggiorparte delle volte il motivo per cui lo fanno non è perché sono davvero felici. Penso che molti preferiscano fingere un sorriso che raccontare il perché non sono veramente spensierati in quel momento. Ciò si collega alla domanda "come stai?", è il classico modo in cui ci si rivolge a una persona per iniziare una conversazione e per il 99% delle volte si risponde con "sto bene", ma fino a che punto una risposta del genere è vera? Essere davvero consapevoli di come ci sentiamo non è da tutti, io stessa faccio fatica, ma è importante provarci e non fingere chi non siamo. Infatti sorridere in modo vero è una dote, non è da tutti.
    Infine,il personaggio di cui vorrei brevemente parlare è Roberto.Lo descriverei come una persona che deve ancora imparare i veri valori della vita, quali la condivisione o il porgere il proprio aiuto agli altri. Infatti è l'unica persona che si rifiuta di dare un passaggio a Daniele, ma il modo in cui ha reagito lo potrei capire da un bambino ma non da un adulto, che solitamente dovrebbe essere più maturo ma così sempre non è, anzi talvolta è il contrario.
    Grasso Annalisa 4AU
     
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    Il commento di Francesca T. ci offre una chiave di lettura interessante per la relazione sentimentale tra Daniele ed Emma: la nostra Lettrice vi scorge delle sfumature stilnovistiche, argomentando la sua ipotesi con diverse citazioni, commentando le quali parla di ingentilimento, di virtù, di funzione salvifica, per concludere parlando di un "amore inconsumato" e della poesia da lui scritta come "unica testimone del suo sgomento interiore". A me sembra una lettura suggestiva, che ci offre la possibilità di ritornare sul tema della scrittura poetica e del ruolo che essa svolge nel dare voce all'interiorità di Daniele, che davvero sembra ripercorrere le strade dei poeti d'amore del passato. Riporto alcune citazioni tratte dalla pagina in cui il protagonista si trova in stanza con Emma, profondamente addormentata:

    "Io vorrei solo che Emma fosse mia. Mia totalmente. Il corpo e tutto quello che di grande e misterioso contiene.
    Possederla per sempre.
    Amarla come il primo uomo sulla terra.
    Come l'ultimo felice.
    Ma Emma non è mia.
    Di chi è allora?" (p. 100)

    "Perchè queste parole?
    E perchè il bisogno di scriverle?
    A chi obbedisce questo mio bisogno?
    Che mi fa alzare dalla coperta, cercare dappertutto una penna, trovarla come il più prezioso dei tesori.
    Baciare la pagina bianca, l'ultima, strappata da un vecchio libro per bambini.
    E iniziare questa lotta con ogni singola parola.
    Mentre lei dorme.
    Ignara di tutto" (p. 101)

    La scrittura del poeta è una "lotta", faticosa eppure necessaria, per trovare la "singola parola" che esprima il suo sentimento.

    Edited by Gianfranco Bosio - 19/1/2023, 18:54
     
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    Ringrazio Giulia B., Annalisa e Sophia, che hanno partecipato al "gioco" proposto ieri, che consiste nel definire con una parola (facilitiamolo un po': con una breve espressione) i personaggi incontrati da Daniele nel suo viaggio:

    Amin: BUONO

    Manlio: PRIGIONIERO DELLA PROPRIA FAMIGLIA (l'ho dedotto da una frase di Giulia. Spero di aver interpretato bene)

    Alberto: DISILLUSO

    Roberto: IMMATURO COME UN BAMBINO

    Emma: LA SPERANZA (l'ho dedotto da una frase di Sophia. Spero di aver interpretato bene)
     
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    Una delle parti di questo libro che mi ha colpito di più è sicuramente quando Daniele afferma: "Continuo a scappare dal mio nemico. anche se lui tiene il mio passo. E' nel mio passo. Il mio nemico è dentro di me. E sfuggirgli è impossibile." Daniele sta affrontando un viaggio che potrebbe essere tutt'altro che sicuro in cui incontra tantissime persone. Alcune di queste sono buone, altre rimangono completamente indifferenti alla sua storia e qualcuno, seppur pochi, cercano di approfittarsi della situazione arrivando a compiere anche gesti violenti. Si arriva a pensare che i nemici siano sempre all'esterno della nostra vita, ma questo ragazzo ci sottolinea che il problema più grande con cui dobbiamo convivere ogni giorno ha il nostro stesso passo e vive dentro di noi per cui è impossibile sfuggirgli. Il dubbio, l'incertezza, la paura del giudizio ci portano a dubitare di noi stessi e quindi creano un gran numero di "mostri" contro cui è difficile combattere, accettare i nostri difetti ma soprattutto imparare ad amarci potrebbe essere d'aiuto per uscire da questa situazione in cui il nemico spietato è la tua ombra.

    Un'altra parola che ricorre molto spesso in questo libro che ho trovato sicuramente molto significativa è Abbraccio. Daniele abbraccia Enrico nel momento in cui si dicono addio, abbraccia Emma, Alberto, Rufus e Amin. Sicuramente il più inaspettato è quello che avviene tra il nostro protagonista e il servo di una giovane donna un po' troppo viziata, è un abbraccio spontaneo, nato nel cuore dei due, che, seppur non conoscendosi, si sono aiutati. Amin fa molto per Daniele, gli dà un luogo in cui dormire e un pasto caldo ad insaputa della padrona; come gesto di gratitudine Daniele lo abbraccia.
    Questo è un gesto naturale che facciamo spontaneamente e può esprimere diverse cose: odio (Nella Gerusalemme Liberata Tancredi abbraccia Clorinda, ma i suoi sono "nodi di fer nemico e non d'amante"), gioia (Daniele alla fine del libro rivede Emma e per la gioia vorrebbe correrle incontro e abbracciarla),amore (un abbraccio amoroso, o almeno questo è ciò che prova Daniele, avviene tra lui ed Emma), tenerezza, empatia, gratitudine (come quello che avviene con Enrico)...

    Questo libro racconta la crescita personale di Daniele che mano a mano che si avvicina a Roma matura sempre di più, inizia a capire come funzioni il mondo, la crudeltà degli uomini e i diversi problemi che essi hanno. Ti invita a riflettere se hai già compiuto questo "viaggio", reale o metaforico che sia, alla ricerca di te stesso.

    Alice Lisa 4BSC
     
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    Alcune Lettrici mettono bene in luce la peculiarità del carattere di Daniele, cioè l’empatia: Anna M. scrive che “Daniele è un ragazzo molto sensibile che fa proprie le sofferenze delle altre persone, le interiorizza assorbendo il loro malessere”; anche Giulia E. usa parole molto simili.
    Federica dice che si è “ritrovata molto in Daniele, soprattutto dal punto di vista dell’empatia: il nostro protagonista ha un'empatia smisurata nei confronti delle vite degli altri personaggi, tant’è che la vede come una vera e propria condanna, poiché lo costringe a addossarsi tanto dolore che non gli appartiene”.
    In questo racconto Daniele ha 17 anni, e comincia a intuire che questa capacità di sintonizzarsi sui sentimenti altrui è un pregio, ma anche una “condanna”. Nel libro “Tutto chiede salvezza”, pubblicato precedentemente, ma riferito al tempo in cui Daniele ha 20 anni, questa sua empatia diventa il centro tragico della vicenda del suo ricovero in ospedale, la causa profonda che scatena il suo disagio:

    “Quale malattia mi fa chiedere salvezza?
    Quale educazione mi fa implorare pietà?
    Fa che il mio sia solo uno scompenso della chimica, datemi tutta la chimica del mondo, ma chiudetemi gli occhi, il cuore, perché non ce la faccio più a soffrire così per quello che vedo, che sento” (p. 34)

    “Vorrei avere una corazza, un’armatura del miglior ferro, capace di tenermi distante dalle cose, vorrei non disperarmi per la disperazione degli altri, non sentire la madre di Giorgio come mia madre, la vita degli altri saldata alla mia con un patto di sangue” (p. 52)
     
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    Ringrazio Giulia B. perché, oltre ad aver condiviso le proprie riflessioni sul percorso di maturazione di Daniele, ha ricostruito la “trilogia autobiografica” di Daniele Mencarelli, dandoci gli elementi per metterla in ordine cronologico secondo i fatti narrati: “Sempre tornare”, “Tutto chiede salvezza”, “La casa degli sguardi”, di cui Giulia, che lo sta leggendo, ci ha dato una piccola anticipazione.
    Ringrazio anche il mio giovane collega Simone Dalmasso, perché ieri mi ha segnalato che è appena uscito il nuovo romanzo di Daniele Mencarelli, che, da quanto sembra di capire, si allontana dal filone autobiografico. Riporto l’inizio della presentazione del libro sul sito Mondadori.it:
    “Tra colline di pietra bianca, tornanti, e paesi arroccati, Pietro Borzacchi sta viaggiando con il figlio Jacopo. D’un tratto la frizione della sua vecchia Golf lo abbandona, nel momento peggiore: di venerdì pomeriggio, in mezzo al nulla.Per fortuna padre e figlio incontrano Oliviero, un meccanico alla guida del suo carro attrezzi che accetta di scortarli fino al paese più vicino, Sant’Anna del Sannio. Quando Jacopo scende dall’auto è evidente che qualcosa in lui non va: lo sguardo vuoto, il passo dondolante, la mano sinistra che continua a sfregare la gamba dei pantaloni, avanti e indietro.”


    P.S
    Daniele Mencarelli, nel frattempo, è diventato padre...
     
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    “Quante domande si rincorrono, sfidano, ognuna con la sua voce imperiosa e inascoltata.” In questa frase ho ritrovato un po’ lo scopo del viaggio di Daniele; egli parte senza una meta per provare a dare ascolto a quelle domande che tutti ci poniamo nel corso della nostra vita. Credo che ognuno di noi abbia il compito di intraprendere un viaggio, qualunque esso sia, non tanto per cercare delle risposte quanto piuttosto per provare a guardarci dentro e scoprire chi siamo. Ho trovato questo libro molto arricchente e stimolante dal punto di vista personale soprattutto per il fatto che, essendo un’adolescente, sono riuscita a immedesimarmi molto nel protagonista.
    Ilaria Panero 3BSc
     
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    Qualche giorno fa ho concluso il commento di apertura del forum con due domande: “Che cosa sta cercando Daniele? Che cosa vuole scoprire?”
    Negli ultimi due giorni si sono susseguiti numerosi i vostri commenti che, mettendo in evidenza il tema del viaggio come percorso di formazione, rispondono a queste domande e individuano con attenzione e finezza ciò che il protagonista ha scoperto e appreso.
    In primo luogo, durante il viaggio impara a guardarsi dentro per scoprire chi è (Ilaria), conquistando una nuova consapevolezza di sé (Sophia). Impara a convivere con se stesso, accettando i propri difetti, amandosi un po’ di più e giungendo così ad amare anche gli altri, “abbracciandoli” (Alice L.). Impara il valore di un sorriso vero e dell’esprimersi in modo autentico, senza finzioni (Annalisa). Impara che la vera libertà va cercata e costruita, senza lasciarci imprigionare dai ricordi (Manar), ma anzi lasciando andare le delusioni e gli eventi dolorosi (Francesca L.); suggestiva, in questo senso, è la lettura suggerita da Beatrice, relativamente all’abbandono della valigia da parte del protagonista: “Trovo che questo gesto abbia un forte significato simbolico, poiché spiega al lettore come questo viaggio abbia aiutato Daniele a liberarsi della sua “valigia” interiore, che conteneva le sue paure e soprattutto la sua enorme timidezza.”
    Vivere e stare a contatto con persone diverse lo ha aiutato a valutare in modo più equilibrato la propria situazione, e questo lo ha portato dall’invidia alla riconoscenza, “non solo per le cose materiali, ma anche per le persone che erano al suo fianco nella vita di tutti i giorni” (Lucrezia).

    A proposito del tema del viaggio, ringrazio Jacopo per il suggerimento di lettura di un libro ormai classico di questo genere letterario, “On the road”, del 1957. Il riferimento alla letteratura americana di quegli anni mi ha fatto venire in mente un altro classico della letteratura adolescenziale, “Il giovane Holden” (1951), di Salinger: anche questa, come quella di Daniele, è la storia del ritorno a casa di un sedicenne che, dietro all’atteggiamento del ribelle, rivela una sensibilità non comune e un grumo di dolore che non si scioglie.
     
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    Sono solita considerare la lettura di un libro come un viaggio che sa trasportare in un’altra realtà e questo romanzo ne è la perfetta dimostrazione.
    Non ho seguito i passi di Daniele, ma l’ho conosciuto, ci ho camminato a fianco ammirandone i pensieri e incoraggiandolo a proseguire. Ho intrapreso questo viaggio con un bagaglio simile al suo: curiosità, ricerca e fuga e ho ricevuto tanta bellezza.
    Tra le innumerevoli frasi che ho sottolineato (rigorosamente a matita!) vi è proprio una lode ad una vita piena e vissuta, ad una ricerca costante di una bellezza semplice ma autentica e all’incontro con questa, attraverso i volti e le storie degli altri. Condivido con questo scrittore-poeta l’importanza dei dettagli “che dettagli non sono”, quelli che fanno la differenza. Condivido con lui l’entusiasmo e lo stupore di fronte “a questo spettacolo di mondo che muore e rinasce ogni giorno”, in contrasto alla società odierna, “dove vince chi si sorprende meno”.
    Condivido con Daniele lo spasmodico bisogno di scoprire e scoprirsi continuamente, di lasciarsi abbandonare a questo mondo dove “tutto è armonia e nella stessa misura grandezza”, di vivere la bellezza abbracciandola e assaporandola dentro luoghi e volti, fino a voler incendiare la vita di significato (immagine tratta dal romanzo stesso che mi ha emozionata).
    Condivido con il mio compagno di viaggio ogni interrogativo che si è posto, al quale probabilmente una risposta precisa non c’è, ma che non per questo deve essere soffocato.
    “Come può”, questa bellezza, “essere generata dal Caos? Come può essere lei, la sua perfezione in vita, figlia del Nulla?”
    “Come vivere di fronte a tanta bellezza senza il bisogno di farne parte?”
    Daniele si definisce “un ragazzino nato vecchio, che ama impazzire per le cose”, ma io, capendolo, tutto lo considererei tranne che vecchio: curioso, intraprendente e pieno di voglia di vivere, poiché ancora capace di vivere di questo vasto patrimonio di chi non si accontenta, ma che cerca, esplora e si stupisce.
    E forse la bellezza, quella vera, sta proprio in questo, ed ognuno di noi le affiderà un nome diverso.
    Per Daniele, questo sarà sicuramente “Emma”.

    Sara Pepino, 5BL
     
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