"Sempre tornare"

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    Sempre tornare mi è piaciuto, contenendo importanti insegnamenti e riflessioni; in particolar modo, verso il termine del libro, quando manca ormai poco all’arrivo, Daniele realizza di aver ricevuto tanto da questo viaggio. “…In molti mi hanno aperto la loro casa, mi hanno accolto come un amico offrendomi la sacra intimità delle loro cose. Ho mangiato nei loro piatti, usato le loro posate, asciugato il viso dove asciugano il loro. Io, uno sconosciuto raccolto per strada. Di tutto l’aiuto che mi hanno dato, i primi a sorprendersi sono stati loro. Si sono scoperti dentro una generosità che non sapevano d’avere” (pag.308). Questa considerazione mi ha suggerito una domanda: “Quanto può essere terapeutico aiutare gli altri?” Eh sì: aiutare rende più felici, perché si sperimentano emozioni positive e si gioisce nel vedere gli altri stare meglio grazie a noi. L’autore medesimo, nella sua vita reale, per superare il suo “affanno esistenziale” decide di lavorare in una cooperativa legata all’ospedale Bambino Gesù di Roma, e lì, offrendo il suo lavoro anche umile, inizierà a stare meglio capendo che aiutare gli altri è una strada di salvezza. E, infatti, conclude il paragrafo dicendo: “…Perché è così. Io come ogni essere umano, siamo qualcosa di diverso, spesso più grande, rispetto al racconto che ci facciamo di noi stessi. Per scoprire quello che siamo veramente, abbiamo solo una maniera. Farcelo dire dagli altri. Accogliere le loro richieste, i bisogni, e nell’aiuto offerto scoprire la nostra reale statura, nostra e del nostro cuore.” (pag.308)

    Vittoria Ornato, 5BS
     
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    Un giovane e un lungo viaggio in autostop, una premessa interessante, ma fin dalle prime pagine sorge già un’importante osservazione: il mondo di oggi si nutre solo più di ricchezza e ostentazione o c’è ancora qualcuno come il protagonista, capace di vedere la bellezza nelle cose più piccole? Ed è vero che oggi non esiste più “il desiderio di bellezza capace di sconfiggere anche la morte”?
    Ho apprezzato leggere pian piano come i diversi personaggi che offrono aiuto a Daniele siano strumento di riflessione per il lettore, ma anche di crescita personale per l’adolescente curioso sempre alla ricerca di risposte a quelle domande che lo tormentano.
     
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    Il libro “sempre tornare” di Mencarelli racconta il percorso di Daniele, un ragazzo di 17 anni che a seguito di una brutta esperienza decide di abbandonare tutto per iniziare un viaggio dalla Riviera romagnola a Roma completamente da solo e utilizzando solo l'autostop. In questi giorni incontra diverse persone che grazie ai loro modi di fare hanno lasciato qualcosa al protagonista che cambierà e maturerà durante il percorso. Ciò che mi è piaciuto di più del libro è il modo di scrivere di Mencarelli che ti coinvolge e ti permette di fare il viaggio insieme a Daniele e di conoscere tutto ciò che conosce lui. Mi sono rispecchiata molto in questo personaggio e le riflessioni che lo accompagnano per tutto il tragitto le sento molto vicine a me. Sono rare le volte in cui mi sento rappresentata da un libro, ma questo è il caso ed è proprio per questo motivo che ho letto il libro con leggerezza e voglia di scoprire come sarebbe andata a finire la storia.
    Penso che Mencarelli, con questo libro, volesse rappresentare il mondo degli adolescenti e tutti i pensieri che attraversano la loro mente ogni giorno.
    Per concludere, lascio un paio di frasi che mi hanno colpito e mi hanno trasmesso, più delle altre, le emozioni che provava Daniele.
    "è troppo bello questo andare senza schemi e senza traguardo, solo per il gusto di vedere, la vita come un eterno girovagare." (pag. 162)
    "Riprendo a camminare. Al massimo del mio sentire. Come il più vivo dei vivi." (pag. 234)
    Martina Manassero 4AL
     
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    La parte del libro che mi é piaciuta di più è la seguente
    "La nottata é stata una sciagura,la mia figura di merda impiegherà pochissimo a passare su tutte le lingue dei miei amici.Ma non è per questo che sono qui,da solo,su una via diretta non so dove,con una valigia pesante come un blocco di marmo rettangolare,color verde pisello.Non è per questo.Non ne parlo con nessuno.A parte quelli che non possono rispondermi.Gli animali.La natura. La bellezza sterminata delle cose.Devo capire.Io sono qui perché devo capire.Non posso più fare finta di niente.Non è colpa mia se vedo ovunque una discendenza da scoprire,ovunque un enigma che chiede a me di essere risolto,come se fosse possibile.Non è colpa mia se ogni gesto,sentimento,respiro,mi chiede da che parte stare,perché in tutto vive in battaglia,la stessa che mi porto nel cuore dal giorno in cui mi tolsero dal ventre di mia mamma.Ogni giorno nel mio petto esplode un duello,sempre lo stesso. Un duellanti si chiama Tutto.Il suo avversario si chiama Niente.Quello che vive se lo contendono loro.L'uno contro l'altro,la mia vita in palio,sono io che vogliono aggiudicarsi,da sempre,per sempre."
    Questa parte mi é piaciuta molto perché evidenza che il viaggio compiuto da Daniele è un viaggio interiore in cui egli cresce grazie a tutte le storie e insegnamenti di chi gli offre una mano
     
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    Leggo i vostri ultimi commenti e rimango colpito dal modo in cui ciascuna di voi si è appropriata di questo libro, scavandolo con cura alla ricerca di risposte, cogliendone tra le righe minime sfumature, o lasciandosi ispirare dalla lettura per rievocare ricordi e immagini suggestive del proprio passato…
    Alcune Lettrici si soffermano di nuovo sull’affascinante tema della bellezza, come Benedetta, stupita dalla “capacità di Daniele di intercettare le bellezza nelle persone e nei luoghi che ha incontrato durante il viaggio, riempiendoli di poesia.” Come si fa a non lasciarsi sfuggire la bellezza che ciascuno di noi incontra nel viaggio della propria vita? Secondo Maria M. dobbiamo evitare di farci travolgere dal ritmo “inarrestabile” del tempo: “cerchiamo di vivere nel presente; non pensiamo sempre al futuro, alle preoccupazioni e ai problemi che ancora non ci tormentano”. Lucia M. esplicita ulteriormente l’invito: tenere sempre presente “la famosa espressione “carpe diem”, cogliere ogni attimo e considerarlo degno di essere vissuto, saper apprezzare le piccole cose per vivere al meglio la propria vita”. Come non ricordare la seconda parte dell’ode oraziana?

    sapias: vina liques et spatio brevi
    spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida
    aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.

    sii saggia: filtra il vino e poiché lo spazio della vita è breve
    limita la lunga speranza. Mentre parliamo sarà fuggito, inesorabile,
    il tempo: cogli l’attimo, il meno possibile fiduciosa nel domani.

    Orazio si rivolge alla giovane amica Leuconoe, mettendola in guardia sul rischio di voler prevedere il futuro: la felicità sta nel godere della piccola gioia di un bicchiere di vino assaporato in compagnia, oggi, senza aspettare un imprevedibile domani.
    Per fare questo, suggerisce Ilenia, “dovremmo sempre saper osservare il mondo proprio come appare agli occhi di un bambino”, mantenendo la capacità di meravigliarci di fronte ad uno spettacolo come quello che Daniele descrive incantato: uno stormo di lucciole che brillano, “stelle danzanti precipitate sulla terra”. Queste le parole di Ilenia: “Daniele ci dice che lui vede pura bellezza, che va vista con i propri occhi, proprio in questo piccolo tesoro che si ritrova di fronte. Mi sono ritrovata molto nelle parole del protagonista, nelle emozioni che prova, poiché io stessa tendo, occasionalmente, a stupirmi per la neve che cade delicatamente dal cielo, per un tramonto dai colori caldi e sfumati o per la vista di un cielo stellato nelle notti di agosto”.
    Elena C., però, si chiede: “c’è ancora qualcuno come il protagonista, capace di vedere la bellezza nelle cose più piccole?” Forse, ritornando ad Orazio, dovremmo riprenderci il tempo per godere delle cose belle che “il viaggio” ci offre, camminando piano piano, senza l’ansia del traguardo: rileggiamoci le belle citazioni riportate da Martina M., che ci ricordano proprio questo:

    “è troppo bello questo andare senza schemi e senza traguardo, solo per il gusto di vedere, la vita come un eterno girovagare." E dopo una sosta, per godere dello spettacolo, "Riprendo a camminare. Al massimo del mio sentire. Come il più vivo dei vivi."
     
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    Aggiorno lo schema del nostro "gioco"

    Enrico: RICCO E INFELICE (proposto da Ilenia)

    Veleno: DIETRO LA RUVIDEZZA, IL DOLORE (l'ho dedotto da una frase di Sabrina)

    Annamaria: LA DUREZZA NATA DALLA SOLITUDINE

    Amin: BUONO

    Manlio: PRIGIONIERO DELLA PROPRIA FAMIGLIA

    Alberto: DISILLUSO

    Roberto: IMMATURO COME UN BAMBINO

    Emma: LA SPERANZA

    Agata: VIZIATA

    Emilio: FRAGILE, FERITO, MA SEMPRE GENEROSO

    I coniugi bestia: CRUDELTA’ E INDIFFERENZA
     
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    "La mia timidezza il più delle volte mi batte senza nemmeno il bisogno di scendere in campo, arretra solo di fronte al mio sistema nervoso e alla mia impulsività"; la timidezza è il tratto caratteriale che Daniele, in questo viaggio, cerca di affrontare e combattere, sia con l'autostop, che chiedendo un posto per dormire o qualcosa da mangiare.
    Mi ritrovo molto in questa frase, mi è infatti già capitato di non riuscire ad intervenire nel contesto o di non riuscire a mettermi in gioco restando invece nella mia "bolla", ma per cosa? Per un po' di vergogna?
    Ogni persona timida, dovrebbe fare un viaggio come quello di Daniele, per riuscire a scoprire che la sopravvivenza vale di più della vergogna e per poter abbattere qualsiasi insicurezza.
    Delsoglio Sara
     
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    Beatrice Barbero 3BS
    "Resto da solo, aggrappato alla mia valigia. Che cosa sterminata e imprevedibile la vita. Uomini vanno compiendo ogni male, senza mai pagare nulla, con il destino dalla parte del manico."
    Ammiro il coraggio che ha avuto Daniele nell'abbandonare i suoi amici e intraprendere questo viaggio da solo. La sua è stata una scelta molto impulsiva, che però lo ha portato a maturare e a vincere le sue paure.
     
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    GASCO VALENTINA 4^BU

    "Questo viaggio è la cosa più bella che abbia mai vissuto. E siamo solo all'inizio. Per la prima volta ho sconfitto la mia vergogna, ho dimostrato a me stesso che ci posso riuscire. Con un un po' di coraggio tutto è possibile."

    "E' incredibile come le piccole cose, quelle che appartengono alle nostre abitudini, possano nascondere tanta soddisfazione. Ma bisogna perderle, e ritrovarle, altrimenti nulla rivelano oltre al grigiore della nostra normalità"

    Le frasi sopra riportate sono solo alcune delle molte che ho apprezzato del libro di Daniele Mencarelli. Queste ultime mi hanno davvero portato a riflettere sull'importanza della determinazione alla quale consegue la soddisfazione personale, ma anche sul ruolo fondamentale che rivestono nella vita il coraggio e i piccoli gesti. La prima citazione in particolare si riferisce al fatto che spesso ognuno di noi ha davvero poca fiducia e autostima nei propri confronti e in relazione agli obiettivi che ci si prefigge, Daniele ricorda però che il coraggio è una componente indispensabile nel percorso di ognuno di noi e dimostra che tutti possono affrontare le proprie paure, rischiando e imparando dai propri errori. Nella seconda invece il giovane ci porta a riflettere sul valore delle piccole cose e delle semplici azioni che si auspica siano tipiche della nostra quotidianità e delle nostre abitudini ma che invece spesso sottovalutiamo o ignoriamo. Questa situazione può produrre infatti un sentimento di mancato appagamento, non garantendo la possibilità di riconoscere giorno per giorno la preziosità dei nostri gesti e dei singoli eventi che si verificano. Penso davvero che questo libro abbia trasmesso a tutti i lettori o comunque alla maggior parte di questi un insieme di valori e spunti molto preziosi che hanno consentito loro di riflettere sulle proprie azioni quotidiane e sulla preziosità di alcune virtù che si rivelano essere mezzi particolarmente utili per un migliore approccio con i nostri simili e con il nostro cammino di vita.
     
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    Mentre il nostro forum si avvia alla conclusione, i vostri commenti individuano i valori più alti, tra quelli evocati dalla lettura del romanzo. Dopo la bellezza, sulla quale ci siamo soffermati l’altro giorno, la libertà.
    Sabrina mette in evidenza come essa sia stata appresa da Daniele a cominciare dall’ambiente familiare (“Le persone che ho attorno mi dimostrano il loro amore a partire dalla libertà che mi hanno sempre concesso”), ma certamente l’esperienza del viaggio ne ha amplificato infinitamente le sfaccettature. La bella citazione riportata da Tatiana (“Viviamo dentro vite inscatolate, quando fuori, in mano alla libertà ci è concesso questo”) ci dà il senso anche “fisico” di questa libertà, che all’inizio fa quasi paura a Daniele, ma poi diventa felicità pura: “Sono felice. Per tutto quello che sto vivendo. Una volta tanto un mio colpo di testa non si è rivelato un errore” (p. 56), e lo pensa prima di dormire, sdraiato in un pollaio col tetto di lamiera…
    Sicuramente per fare questo ci vuole coraggio (dicono Tatiana e Beatrice B.), cercando di superare i nostri punti deboli, anche la timidezza: Sara D. scrive che “ogni persona timida, dovrebbe fare un viaggio come quello di Daniele, per riuscire a scoprire che la sopravvivenza vale di più della vergogna e per poter abbattere qualsiasi insicurezza”. Ma non dimentichiamoci che il viaggio di Daniele è la metafora della vita, e quindi tutti noi stiamo facendo questo “viaggio”, che ci offre ogni giorno la possibilità di superare i nostri punti deboli, la paura, l’ansia, la vergogna: un passo dopo l’altro, un giorno dopo l’altro, possiamo provare a liberarcene. Proprio come fa Daniele, che nel suo viaggio di formazione cresce anche “grazie a tutte le storie e insegnamenti di chi gli offre una mano” (Giorgia D.)

    Anche chi gli ha offerto una mano, però, ha tratto giovamento dall’incontro con Daniele: Vittoria riporta una citazione che lo dimostra: “Di tutto l’aiuto che mi hanno dato, i primi a sorprendersi sono stati loro. Si sono scoperti dentro una generosità che non sapevano d’avere”. Partendo da questa constatazione di Daniele, Vittoria scopre che “aiutare rende più felici, perché si sperimentano emozioni positive e si gioisce nel vedere gli altri stare meglio grazie a noi”. Non è questo il principio basilare del volontariato? Vittoria argomenta la sua tesi rivelandoci che Daniele Mencarelli ha superato un periodo difficile della sua vita lavorando all’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma. Questa esperienza, come ci ha già anticipato Giulia B., è contenuta nel romanzo “La casa degli sguardi”, “una casa speciale, in cui incontra molti sguardi che lo spingeranno a porsi domande scomode. Ma gli offriranno anche le risposte” (dalla presentazione del libro sul sito Mondadori)
     
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    “Sempre tornare” è stato un romanzo capace di emozionarmi, coinvolgermi e farmi riflettere. Quanti di noi avrebbero fatto un viaggio del genere? Io per prima mai avrei pensato di ritrovarmi così tanto nel protagonista del romanzo, Daniele. Invece questo libro mi ha stupita: molte volte è riuscito a racchiudere i pensieri che un qualsiasi diciasettenne potrebbe riscontrare. “Il mio malessere ha un nome ben preciso. Si chiama senso di colpa.” Quante volte io, in quanto ragazza quasi diciasettenne, mi sono ritrovata in questa frase, semplice e poco articolata, che dietro nasconde lo stato d’animo tipico degli adolescenti. “Non ho grande stima del mio aspetto. O meglio, ne ho un’opinione piuttosto altalenante, fatta di alti e bassi. Sono gli occhi degli altri, le loro parole, i complimenti o gli insulti a determinare i due estremi opposti. Se gli altri mi vedono bene, io mi vedo bene. E viceversa. Di mio ho poche certezze, e non solo sull’aspetto. Non ci posso fare niente: l’insicurezza è innamorata di me.” Questa frase in particolare mi ha colpito: anche trent’anni fa i ragazzi avevano queste insicurezze? Questo pensiero è riuscito a racchiudere in modo completo ciò che io e altri miei coetanei pensiamo e sentiamo; spesso diamo più importanza ai giudizi degli altri rispetto al giudizio che ci diamo noi. Daniele ci ha insegnato a passare oltre a questa insicurezza: si sentiva giudicato dallo sguardo altrui, egli era un ragazzo sconosciuto, senza casa ne soldi, senza un viso familiare in luoghi del tutto nuovi per lui. Eppure ha superato questa sua insicurezza, questa paura del giudizio altrui, ed ha fatto la sua esperienza, a volte anche osando in momenti in cui mai l’avrebbe fatto. Grazie Daniele per avermi resa consapevole di questo lato della vita.
     
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    Ho trovato questo libro particolarmente scorrevole e delicato. Daniele Mencarelli racconta di un viaggio che diventa simbolo di una esistenza di un adolescente alle prese con la "vita".
    Con questo libro, Mencarelli ci racconta di Daniele, un ragazzo di appena 17 anni, che decide di intraprendere il suo viaggio verso Roma con mente e cuore aperti, incontrando una varietà immensa di persone, con cui interagisce, meravigliandosi di gentilezze, di cui magari si innamora, o con cui ha a volte scambi meno positivi.
Ogni persona che incontra diventa motivo di riflessione, la riflessione di un ragazzo che cerca sé stesso all’interno di un viaggio.
    Una frase che mi è piaciuta molto è:
    “Al mio futuro vorrei dare questo nome: viaggio.
    Perenne, instancabile viaggio.
    Amici sparsi in ogni angolo del mondo.
    Per casa il mondo stesso. Come tetto questo cielo da poco mutato in giorno.
    Una vita da sogno.”
    Roberta Barberis.
     
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    Daniele Mercarelli racconta la storia di questo "pezzo di vita" e crescita personale di un giovane ragazzo in cerca di se stesso in maniera semplice e naturale, ma è proprio grazie a questa naturalezza che le parole appaiono come versi di una poesia, così belli che rimangono scolpiti nella mente e si rivelano quasi come un mantra. Durante questo viaggio il protagonista vive i momenti più importanti della sua vita perché sono quegli istanti che vive durante quei quindici giorni di viaggio fatto di fatiche e incontri che lo cambieranno per sempre. Con il cammino di Daniele si possono imparare molte cose un po' come se fossimo i suoi compagni di viaggio. Tra le tanti frasi (quasi tutte da mettere in risalto) una mi è rimasta particolarmente impressa: "Per scoprire quello che siamo veramente, abbiamo solo una maniera. Farcelo dire dagli altri. Accogliere le loro richieste, i bisogni, e nell'aiuto offerto scoprire la nostra reale statura, nostra e del nostro cuore." Ed è proprio vero che a contatto con qualcuno che non conosciamo si rivela il nostro vero essere, perché non siamo condizionati dalla paura di essere giudicati e non abbiamo rancori verso qualcuno di mai visto. Entrare in contatto con qualcuno di sconosciuto è una prova difficilissima perchè è in quel momento che dobbiamo mostrare alla vita e agli altri chi siamo veramente. In quei momenti è necessario prendere consapevolezza di noi stessi ed essere giusti, veri e di cuore. Daniele in questo viaggio ha incontrato tante persone ed è grazie a tutti questi momenti con loro che è cresciuto ed è cambiato perché ha avuto il coraggio di affrontare se stesso. Questo è un po' quello che mi auguro ed auguro a tutti noi di poter compiere un giorno "il viaggio di Daniele" e scoprire veramente chi siamo.
     
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    “Ma perché non mi basta? Perché mi ritrovo a scavare dentro le cose, le persone? Lo faccio perché voglio capire. Perché una volta capito tutto, avrò la cura a questo dolore che porto da sempre. Alla nostalgia che mi parla in una lingua che non capisco. Io non lo voglio più vivere questo dolore. Non voglio più vivermi dentro. La leggerezza. Vorrei essere leggero. Ho diciassette anni, dovrei volare sulle cose senza peso, invece mi ritrovo questa maledizione in seno, a dover scavare a mani nude.”

    Dopo una serata andata diversamente dalle aspettative, Daniele decide di lasciare gli amici e intraprendere un viaggio faticoso senza un percorso ben preciso ma con la certezza di voler tornare a casa in autostop.
    Un viaggio tra bellezza, malinconia, paura, dolore, scoperte, sofferenza e amore.
    Un viaggio fatto di incontri: Daniele ha incontrato tantissime persone, alcuni nel silenzio altri nei racconti, altri solo con uno sguardo o piccolo gesto. Ha incontrato le loro storie, le loro sofferenze, le loro vite.
    E Daniele, come nella parte di testo che ho voluto riportare, non è in grado di rimanere indifferente.
    Spinto da un vuoto che lo mangia dentro si mette in viaggio per ritrovare se stesso, imparando dalle vite delle persone che lo aiutano.
    E Daniele aiuta loro, perché rappresenta la possibilità di guardare la loro vita nei suoi occhi come in uno specchio.
    Il viaggio intrapreso da Daniele lascia una grande segno nella sua vita proprio come il segno più o meno grande che Daniele è riuscito a lasciare nella vita di tutte le persone che ha incontrato.
     
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    A mio avviso un libro straordinario, che è stato in grado di catturare la mia attenzione pagina per pagina, senza mai annoiarmi.
    Nel corso della lettura non mi sono sentita una semplice osservatrice esterna, come capita il più delle volte leggendo, ma mi sono sentita come se fossi lì, con Daniele, a vivere un’esperienza dopo l’altra. Il personaggio di Daniele è un normalissimo personaggio come tanti altri, ma nella sua semplicità è in grado di far sentire qualsiasi adolescente compreso, da non dare per scontato, dal momento che si tratta di un periodo così pieno di confusione, ricco di sensazioni nuove, una sorta di tempesta.
    Ho apprezzato molto leggere di un Daniele diciassettenne mentre svolge un percorso di crescita interiore, dove si pone una serie di domande, preso dalla voglia di conoscere e scoprire qualsiasi cosa si trovi intorno a lui, travolto da emozioni, sia positive che negative, amplificate a mille.
    Daniele con queste viaggio consce una marea di persone, tra chi soffre di depressione, chi è rimasto solo, Emma, di cui si innamora, e chi più ne ha più ne metta. È proprio così che avviene quel passaggio da ragazzino che conosce una realtà che si limita al suo gruppo di amici, fatta di puro divertimento, a ragazzo, che viene a contatto con alcune delle sfumature di cui è fatto il mondo, l’umanità. Scopre dunque cose come la solidarietà, la solitudine, l’amore ma anche la presunzione e la cattiveria gratuita.
    Ecco perché ho amato questo libro: è riuscito a mostrare alla perfezione come non esistano solo giusto e sbagliato, bene o male, positivo o negativo, ma tutta una serie di sfaccettature, di grigi che rendono qualsiasi cosa e persona intorno a noi inaspettatamente unica.
     
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111 replies since 13/1/2023, 17:34   2783 views
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