Circolo dei Lettori Creativi – Liceo «Giovenale Ancina»

Posts written by Giorgia Giraudo

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    "L'umanità è una,e quello che ci divide sarà sempre infinitesimalmente più piccolo rispetto a quello che ci unisce".

    Erano molte le frasi che mi hanno colpito di questo libro, tuttavia ho scelto questa poiché ritengo sia una verità molto spesso trascurata, dimenticata o anche solo sottovalutata. Daniele nel suo viaggio ha conosciuto direttamente, e non, molte realtà, più o meno vicine alla propria, e grazie a ciò ha compreso il legame che unisce tutti gli esseri umani: i desideri, i sogni, i timori, le preoccupazioni e i rimorsi che ognuno porta con sé, che alle volte nasconde per paura del giudizio altrui, ma che si vuole condividere anche con un perfetto sconosciuto. Siamo tutti uguali ma diversi, e questa nostra diversità, meglio unicità, ci serve per farci conoscere per quello che siamo realmente.
    Questo è il messaggio che Daniele Mencarelli mi ha trasmesso in questo libro.
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    Questo libro a parer mio mostra una grande crescita da parte della protagonista. A soli 17 anni ha lasciato tutto per seguire il suo primo grande amore, scoprendo solamente più tardi, quando ormai era troppo tardi, l'errore commesso. Anche se forse, parlando di crescita, questo sbaglio ha in un certo senso dato inizio alla sua rinascita. Nonostante che solo la nascita della figlia, la sua amata Leonine, l'ha coronata effettivamente, dandole uno scopo per vivere e non solamente sopravvivere. In fondo, noi lettori da fuori, ci siamo accorti di come la sua vita non sia mai stata sua, ma sempre di qualcun altro: prima delle varie famiglie affidatarie, poi del marito.
    Mentre Leonine cresceva abbiamo potuto osservare una Violette più serena e capace di vivere, una donna coraggiosa a tal punto di mettere da parte i propri bisogni e desideri per il bene della figlia,anche quando ciò voleva dire contestare il marito.
    La morte della piccola è stato un duro colpo per la protagonista che ha visto l'unico lato positivo della sua vita esserle portato via da un destino così crudele. Tutto ormai sembrava perso, anche i personaggi secondari non riuscivano a trasmettere nulla a Violette, fino a quando non incontra Sasha. Fin dal principio quest'uomo mi ha affascinato,e secondo me sarà proprio lui, incontro dopo incontro a rivoluzionare completamente il mondo interiore di Violette, insegnandole a rinascere per la seconda volta.
    Un altro personaggio indispensabile per la realizzazione finale della protagonista è stato sicuramente l'ispettore Julien, il quale è riuscito dopo poco a scorgere la vera essenza della donna: quella gioventù di cui è stata privata molti anni prima, ma che ha continuato a maturare nel profondo.
    Un tema, incontrato all'inizio del libro, ma che mi ha fatto riflettere fino alla fine è stato la capacità di Violette di mascherare i suoi veri pensieri e sentimenti, da un lato a causa del suo lavoro, dall'altro forse per la paura di essere nuovamente ferita senza avere più la possibilità di rialzarsi. Riguardo a questo alcune frasi mi hanno fatto riflettere particolarmente(cito le prime due che ho contrassegnato poichè le altre purtroppo non le ho più segnate).
    A pag. 26" Ho due guardaroba, uno lo chiamo inverno e l'altro estate, ma non c'entrano le stagioni, c'entrano le circostanze. L'armadio inverno continente solo vestiti classici e scuri destinati agli altri, l'armadio estate solo vestiti chiari e colorati destinati a me stessa. Indosso l'estate sotto l'inverno, e quando sono sola mi tolgo l'inverno ". Questa frase a parer mio riassume in qualche modo la sua dimensione interiore divisa in due: da un lato la parte che permette di vedere agli altri, il suo inverno, dall'altra l'estate che si nasconde sotto e che si rivela solo nell'intima solitudine, come se fosse una maschera.
    Come una maschera, non un termine scelto a caso, bensì una parola che lo stesso Julien scrive nella lettera che indirizza a Violette: pag. 114 " Aveva indosso una vestaglia grigia da vecchia, eppure emanava qualcosa che sapeva di giovinezza, non so come dire, una certa energia, qualcosa che il tempo non aveva sciupato. Sembrava che quella vestaglia fosse una maschera, ecco, come una bambina che avesse preso in prestito il vestito di un'adulta".
    Queste due frasi e altre riguardanti il suo abbigliamento mi hanno fatto riflettere su come alcuni siano in grado di mascherare se stessi per vari motivi, senza che le persone attorno se ne accorgano e le possano aiutare.
    Scusate per il commento lungo, ma la lettura è stata molto gradita per cui mi sembrava giusto commentarla come si deve.
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    “Le mani danno forma al mondo in cui vorremmo vivere. È con l’uso che facciamo delle nostre mani che facciamo la vita: quando le nostre mani hanno cominciato a costruire case e tombe, abbiamo deciso che il mondo sarebbe stato o una casa o un cimitero.”
    Questa citazione si trova all'inizio del libro, nel momento in cui il professore appena arrivato nella nuova scuola deve afffontare il suo primo incontro: il dirigente scolastico. Nonostante inizialmente questa frase possa essere sembrata relativamente poco significativa, nel corso della lettura più volte ci sono tornata sopra. Questo perché per Omero, il tatto è il senso a cui, dopo la perdita della vista, egli fa maggiormente più riferimento in relazione alla coniscenza di nuovi ambienti, situazioni ma soprattutto persone. In questa frase secondo me si racchiude anche uno degli insegnanti che il libro vuole trasmettere ai lettori, ovvero la capacità dell'uomo di autodeterminare il corso dei propri eventi. È l'uomo a decidere come e quando cambiare le cose,e sono le mani lo strumento attraverso le quali è possibile tale opportunità. Per mani, io ho inteso non solo l'arto umano, bensì anche la potenza di agire che l'uomo possiede.
    Collegata a ciò riporto anche un'altra citazione che dice:" il tatto è più onesto della vista, perché è libero dai pregiudizi che abbiamo negli occhi". Un altro bellissimo suggerimento a mio avviso, che ci suggerisce di non limitare la nostra comprensione e giudizio dei fatti alla pura e semplice osservazione visiva. Spesso infatti questa è ingannevole e per vedere con più chiarezza la realtà è necessario passare per la cecità, e scoprire la verità attraverso il tatto.
    Questo libro è stato ricco di spinti e riflessioni, e sinceramente, per riuscire a comprendere a pieno i significati che lo scrittore voleva far tralelare, mi sono concessa una lettura molto più lenta ma attenta rispetto al mio solito. E devo dire che è stata una scelta avvincente. Vorrei terminare suggerendo una parola, che ho ripetuto più volte in questo mio messaggio, ovvero tatto.
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    "Il vero horror era scoprire che il Male non era condensato in una sola mente malata, non era manifestazione di un'anomalia, ma il frutto di una collaborazione razionale tra persone normali."
    Questa frase, secondo me, sottolinea un lato della natura umana che spesso si cerca di nascondere dietro una maschera, una maschera di apparenze.
    Molte volte, quando facciamo riferimento al Male, immaginiamo persone con disturbi mentali o con ossessioni particolari, quasi negando l'evidenza: il Male è intorno a chiunque e anche le persone normali possono cadere nella sua voragine. Ciascuno di noi però ha la possibilità di riscattarsi, di non essere più vittima dell'indifferenza e della corruzione, sta a noi impedire il ripetersi degli eventi.
    Concludo dicendo che questo libro offre molti spunti, per altrettante tematiche, ma soprattutto regala una panoramica attuale della realtà che spesso si cerca di dimenticare.
4 replies since 19/2/2021
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